Due donne, l’Italia e la politica
In una parola La rubrica settimanale su linguaggio e società. A cura di Alberto Leiss
In una parola La rubrica settimanale su linguaggio e società. A cura di Alberto Leiss
Dovrei fare autocritica: anziché concentrarmi su una parola, come promette il titolo, mi sbizzarrisco ondivagando di qua e di là. Inventare un approccio diverso? Giacché si sono moltiplicate le parole sulle parole.
Sintomo di un tempo in cui il linguaggio vacilla. Perché vacilla il simbolico?
Questo ha a che fare con due libri che segnalo. Un’«antologia di scritti e discorsi» di Nilde Iotti, Nel movimento e nel partito, Harpo 2022, a cura di Graziella Falconi. Livia Turco introduce valorizzando l’eredità «politica e umana» della Iotti, donna «tutta politica», ma attenta a «ciò che si muove nella società».
Scorrono i decenni, dal ‘46 – quando Iotti fu eletta in Parlamento poi all’Assemblea costituente (nel ’79 sarà la prima donna presidente della Camera) – fino al 1999, anno della sua scomparsa. Ogni decennio è introdotto da una cronologia: il libro è dunque un «manuale» per rileggere la storia d’Italia, del Pci, del movimento delle donne.
Per esempio. Dicembre 1976: governo di solidarietà nazionale. Il Pci sostiene con disagio gli ex nemici democristiani. La Iotti al Comitato centrale appoggia la politica del partito ma contesta l’economicismo dominante. «La qualità della vita – polemizza con Cervetti (destra riformista, n.d.r.) – non può essere ridotta solo ai trasporti!».
Lei guarda alla «carica di rivolta» del movimento delle donne, però non apprezza Anita Pasquali che parla di «contraddizione di sesso»…. «bisogna avere una nostra linea – dice – che si appelli alla responsabilità delle donne, al lavoro, non a rimorchio delle femministe e dei radicali».
Ma poco più tardi scrive su Rinascita (La questione femminile è già questione nazionale, 16 luglio 1977) con toni diversi.
Rivendica le battaglie per la «parità», ma vede meglio l’irrompere del femminismo e «la grande capacità di penetrazione» del discorso «del personale e del politico». Dopo la vittoria sul divorzio è in questione la battaglia «difficile e del tutto aperta» sull’aborto, e il Pci, il movimento «emancipazionista», non può esitare.
Sul «personale» che è «politico» salto alla conclusione, l’intervista all’Unità (L’amore di una vita) firmata il 21 agosto del ’96 da Giorgio Frasca Polara: Nilde racconta della vita con Togliatti e delle sue «lettere d’amore» che tiene strette «gelosamente», dalle quali, però, qualcosa trapela… Un altro salto, indietro: su Rinascita l’ intervista di Franca Chiaromonte nel febbraio 1987. Nilde Iotti da la sua benedizione alla Carta delle donne comuniste, il tentativo di contaminare il Pci con la differenza femminista.
È esplicita come non mai sul «maschilismo» nel partito, ma «cauta» sulla «rappresentanza femminile»: giusto il 50 per cento, ma senza leggi e quote… e poi l’antica convinzione: il lavoro è «al centro della emancipazione e liberazione delle donne».
La Carta delle donne ci porta al secondo libro – 1989. Metamorfosi del rosso fra comunismo e femminismo, Pendragon 2021 – e all’autrice Maria Paola Patuelli. È la seconda puntata di una densissima riflessione su di sè e l’impegno politico, tra libri, viaggi, scambi appassionati con Mario, il compagno di una vita. È la Carta che vuole intrecciare autocoscienza e «politica di massa» a spingere l’insegnante di storia e filosofia Maria Paola a studiare – con annotazioni critiche – i testi di Adriana Cavarero, Luisa Muraro, Lea Melandri.
Ma l’incontro tra comunismo italiano e femminismo radicale fallisce, con la crisi dell’89 e la fine del Pci. Questo «zibaldone piccolo come un moscerino» (ma di 409 pagine) chiude nominando «fratelli e sorelle» da cui ripartire: George Sand e Virginia Woolf, Leopardi e Berlinguer, Federico Caffè… (e Marlon Brando).
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