Due donne che si specchiano l’una nell’altra

Nell’ultimo romanzo di Caterina Serra, Bruceremo (edizioni Vanda, pp. 219, euro 16), va in scena la relazione tra due donne che si scambiano delle lettere raccontandosi la temperatura politica del presente cui non sfugge neppure la loro relazione. Al centro, come luogo immaginifico e reale, c’è Venezia, crocevia di esistenze che mantiene nel sussulto di un interno e che al contempo sfonda le radici di ciascuna: Luce vive lì, Anna se n’è andata. Quest’ultima vede la città dal basso, come da una stiva che pure le dà nostalgia ma di una esatta qualità che non consente di tornare.

DELL’ACQUA invece la sensazione è precisa, ce la si porta dietro, nel rumore, nelle paludose fondamenta curabili, tuttavia dalle parole dell’altra. Anche quando si ha «troppa acqua in testa», interrogandosi sul «valore morale che diamo alle emozioni».
Ranuncola è invece Luce, che all’alba impugna i guanti al deposito di Dorsoduro, raccolta di rifiuti, e che non vorrebbe fare altro se non avere più musica, danzare. Invece conta vespe mai viste. Soprattutto volpi, perché non si spaventano davanti al fuoco né davanti all’acqua che sale e alla quantità informe del flusso turistico. Mentre Venezia non affonderà, e neppure brucerà.

RESTERÀ invece terra interdetta, talvolta desolata forse, ma capace di accogliere e fare baluginare la relazione amniotica di due donne che si specchiano l’una nell’altra, che si sono conosciute e che continuano a cercarsi. Amarsi e graziosamente essere l’una il pungolo dell’altra.
La fisionomia del romanzo di Caterina Serra è la rispondenza, politica e umana, prediletta dalle donne, ovvero la conversazione, in dialogo e scambio fino alle radici della civiltà. Con tale levità e rigore da sembrare una ballata, irriverente e libera, che usa le parole della poesia. Quelle giuste.