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Dublino III protegge i rifugiati a metà

Dublino III protegge i rifugiati a metàRifugiati congolesi in Rwanda – Unhcr

Europa Il regolamento comunitario approvato nel 2013 è figlio della stessa ideologia securitaria dei precedenti. Però offre qualche garanzia in più ai richiedenti asilo. Eccolo spiegato punto per punto

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 21 marzo 2014

Chi si attendeva dal Regolamento n. 604/2013 del 26 giugno 2013 (il cosiddetto Regolamento Dublino III) un profondo cambiamento di paradigma non può che rimanere deluso. Nonostante l’accertata inefficacia della norma 1, Dublino III conferma infatti il medesimo principio generale che era già alla base di Dublino II (nonché della Convenzione del 1990), ovvero che ogni domanda di asilo è esaminata da un solo Stato membro e che la competenza è individuata, salvo limitate eccezioni, sulla base di criteri oggettivi legati al ruolo svolto dallo stato competente per ciò che riguarda l’ingresso e il soggiorno regolare del richiedente, ovvero legati alla verifica dell’avvenuto ingresso e soggiorno irregolare nel primo stato membro. In questo quadro la volontà del richiedente, e la stessa esistenza di legami familiari (in senso ampio) e culturali rappresenta un criterio del tutto residuale. Il presupposto su cui si regge il Regolamento Dublino III è che il livello di protezione di un richiedente asilo, sia per ciò che attiene le qualifiche di rifugiato o di beneficiario di protezione, sia per ciò che riguarda gli standard procedurali e le misure di accoglienza sia sostanzialmente omogeneo tra gli Stati membri.

Come dimostrato da molti studi (e come è immediatamente percepibile dall’osservazione della realtà anche per i non esperti della materia) si tratta di un presupposto del tutto erroneo. La difformità tra il presupposto enunciato e la realtà fattuale è anzi così totale e profonda che a stretto rigore dovremmo parlare di un presupposto non solo erroneo ma squisitamente ideologico (nel senso deteriore di tale espressione).

Nonostante il quadro non lasci grande ottimismo, soprattutto grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione e della Corte Europea per i diritti dell’Uomo, Dublino III introduce comunque alcune importanti novità che attenuano parzialmente gli effetti negativi dell’impianto ideologico sopra descritto, allargando alcune garanzie dei richiedenti e ponendo alcuni limiti all’applicazione del Regolamento. In estrema sintesi: si introducono alcune definizioni più ampie in relazione alle nozioni di parenti, e di rappresentante del minore non accompagnato; è sancito l’obbligo di considerare sempre l’interesse superiore del minore, e si allargano le possibilità di ricongiungimento per i minori; è introdotto il divieto esplicito di trasferire un richiedente qualora si abbiano fondati motivi di ritenere che nel paese nel quale dovrebbe essere rinviato vi sia un rischio di trattamenti inumani o degradanti.

Inoltre, si introduce l’obbligo di fornire maggiori informazioni ai richiedenti (sia prima che dopo l’eventuale decisione di trasferimento) tramite un colloquio personale; si introducono termini più stringenti per la richiesta di ripresa in carico; si rafforza la tutela giurisdizionale contro la decisione di trasferimento; si prevedono limiti più stringenti, anche temporali, al trattenimento delle persone soggette alla procedura Dublino; viene infine introdotto un «meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi» in caso di rischio di speciale pressione sul sistema di asilo di un Paese e/o in caso di problemi nel funzionamento dello stesso.

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