Droghe, l’Onu è ancora in mezzo al guado
Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo
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Dall’otto all’undici dicembre s’è tenuta nella sede dell’Onu di Vienna l’ultima sessione della Cnd («Commission on Narcotic Drugs») del 2015 dedicata alla preparazione della sessione speciale dell’Assemblea generale (Ungass 2016), che dal 19 al 21 aprile prossimi si terrà a New York per affrontare il tema del controllo mondiale delle droghe.
Il fronte conservatore del modello proibizionista comprende i paesi che fanno parte della Conferenza islamica, gli stati asiatici e la Russia: questi ritengono che Ungass 2016 debba semplicemente ratificare i documenti in fase di definizione a Vienna che, sostanzialmente, riaffermano gli obiettivi tradizionali presenti nella dichiarazione politica del 2009: la riduzione, fino all’eliminazione, dell’offerta e della domanda di droga attraverso la repressione penale e la lotta al narcotraffico.
Il fronte aperturista, che raccoglie la stragrande maggioranza dei paesi latino-americani e, in teoria, gli europei, vuole invece che il dibattito di New York sia vero, aperto, e che includa punti di vista e riflessioni anche di altre agenzie dell’Onu: in questa luce, i documenti finali dovrebbero essere messi a punto all’Assemblea per riflettere le conclusioni del dibattito al Palazzo di Vetro.
E’ previsto che il dibattito affronti cinque temi chiave, dai diritti umani, agli aspetti socio-sanitari, allo sviluppo alternativo nei paesi produttori.
La Cnd ha una presidenza che varia ogni dodici mesi, dopo la Tailandia toccherà alla Repubblica Ceca, e le sessioni dedicate alla definizione dell’agenda dell’Ungass sono state affidate a una giunta coordinata dall’ambasciatore egiziano, che non sempre aiuta l’emergere di compromessi al rialzo. Comunque sia siamo anni luce avanti rispetto all’Ungass del 1998.
Dall’Oms, all’Undp ( programma Onu per lo sviluppo), da Unaids all’Alto Commissario per i diritti umani, passando per tutti gli speciali Rapporteur, si sono consolidate posizioni che pongono al centro il rispetto dei diritti umani e le ripercussioni negative dell’aver affidato al diritto penale il governo del fenomeno della circolazione e del consumo delle sostanze contenute nelle tre Convenzioni. Rispetto al passato, si arriva a riconoscere un «margine di manovra» interpretativo delle tre Convenzioni sulle droghe: la Convenzione del 1961 afferma infatti che «il possesso personale può esser considerato come reato» e non «deve» e che comunque ciò verrà stabilito dal singolo stato sulla base della propria Costituzione, delle caratteristiche del sistema penale nazionale, rispettando i principi basilari secondo cui non può esserci reato senza vittima e la pena deve essere proporzionale alla gravità del reato.
Se all’Unodc, l’ufficio per le droghe e il crimine, esiste un dibattito in merito alle priorità e agli approcci da perseguire, lo Incb, l’organismo di controllo sull’applicazione delle Convenzioni, resta sostanzialmente ancorato a posizioni di retroguardia, da depositario unico dell’interpretazione autentica delle Convenzioni che non riconosce alcun approccio alternativo a quello proibizionista.
Da notare che il sistema creato con le Convenzioni del 1961, 1971 e 1988 non prevede un regime sanzionatorio in caso lo Incb ritenga che non siano rispettati gli obblighi assunti al momento della ratifica.
A gennaio e febbraio prossimi ci saranno ulteriori incontri informali per la definizione dell’agenda. La prossima riunione della Cnd si terrà dal 14 al 22 marzo e solo allora si capirà se il Palazzo di Vetro sarà solo un palcoscenico per interventi rituali dei governi o se si potrà davvero discutere nel merito: per prefigurare un futuro in discontinuità piuttosto che riaffermare le fallimentari ricette del passato.
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