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Dossi, i Lettori nella luce serotina

Dossi, i Lettori nella luce serotinaDosso e Battista Dossi: «Sapiente con un libro», part., 1531 -’32, tempera su tavola, Trento, Castello del Buonconsiglio, Palazzo Magno, Libraria

A Trento, Buonconsiglio I fratelli Battista e Dosso «per» Bernardo Cles: una mostra intorno al restauro dei «Sapienti» che ornavano la Libraria del principe-vescovo

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 settembre 2023

Trento, estate 1531. Il principe-vescovo Bernardo Cles assume i fratelli Dosso e Battista Dossi perché diano avvio a una delle più imponenti campagne decorative che i due avessero mai affrontato, ovvero la decorazione di almeno diciannove ambienti del Magno Palazzo, il complesso rinascimentale di nuova costruzione adiacente al medievale Castello del Buonconsiglio. Nell’arco di un anno, lavorando anche durante il rigido inverno montano, i due pittori estensi dipingono ad affresco i soffitti e le pareti degli ambienti, che ancora oggi sono i più iconici del Palazzo, fino ad arrivare alla sala più intima, colta e voluta dal vescovo, quella della grande biblioteca alla quale si giungeva dagli appartamenti privati del prelato.
L’esposizione I volti della Sapienza Dosso e Battista Dossi nella biblioteca di Bernardo Cles, a cura di Laura Dal Prà e Vincenzo Farinella (fino al 22 ottobre, catalogo Officina Libraria, euro 36,50), si snoda nelle sale dossesche del Castello del Buonconsiglio di Trento e vede il suo fulcro nei dodici sapienti dipinti su tavola che decorano il soffitto a cassettoni della Libraria del vescovo Bernardo.

L’occasione della mostra è stato il complesso restauro al quale le tavole sono state sottoposte negli ultimi mesi, che ha previsto accurate indagini preliminari e una pulitura calibrata delle ridipinture successive alla campagna a firma dei fratelli Dossi, lavoro che ha permesso di restituire immagini il più fedeli possibile a quanto poteva vedere il vescovo Cles quando entrava nella sua sala dei libri.
La mostra si apre nella Camera degli Scarlatti, dove busti di imperatori antichi, come massimi exempla virtutis, accolgono i visitatori e raccontano di come la loro presenza fosse corredo imprescindibile degli ambienti delle colte dimore patrizie, tanto che i marmi sui piedistalli si specchiano perfettamente nei busti all’antica che i Dossi avevano disseminato, fingendo la terza dimensione e la materia lapidea, sulle pareti della sala.

Negli ambienti successivi si affronta il tema iconografico degli uomini sapienti, protagonisti dell’apparato decorativo della biblioteca, e la disamina si snoda dal Quattrocento al pieno Seicento, a partire dall’iconico stacco con Eraclito e Democrito di Donato Bramante, in prestito dalla Pinacoteca di Brera, che apre alla tradizione della rappresentazione dei due pensatori antichi l’uno nell’atto di piangere, l’altro, al contrario, mentre ride. Questa stessa descrizione figurativa ritorna, assieme ad altre, nella Sala Grande, dove trovano posto i Sapienti barocchi dipinti in grandi tele ombrose. Omero, Origene, ancora Eraclito e Democrito, ma anche il tema del Nosce te ipsum (Conosci te stesso), si manifestano attraverso i pennelli di Luca Giordano, Mattia Preti e altri, traghettando il visitatore più di un secolo oltre il cantiere trentino dei Dossi, ma legando le opere attraverso il filo dell’iconografia.

Al confronto tra il modus operandi dei due fratelli Dossi è dedicato, poi, un focus nella Sala degli Specchi, dove il soffitto cinquecentesco a cassettoni è tutto ciò che rimane della decorazione originale, mentre sulle pareti campeggiano specchi e stucchi settecenteschi. Forse per il formato disomogeneo, forse per la qualità altalenante dei dipinti, il colpo d’occhio non è dei più armonici, ma lo scarto tra i due fratelli è evidente. Dosso ne risulta più eccentrico e moderno, mentre Battista più ancorato a stilemi di inizio secolo: il confronto prepara alla discussione sulla paternità delle tavole nella sala conclusiva della mostra.
Passata la scala, che conduce alla loggia di Romanino, e che reca la potente Presentazione di Bernardo Cles alla Madonna e al Bambino da parte di San Vigilio sempre dipinta dai Dossi, comincia una seconda parte dell’esposizione, più focalizzata al racconto di quale fosse la temperie culturale entro la quale fu radunata la biblioteca del principe-vescovo.

Il duro volto di Cles dipinto da Barthel Bruyn il Vecchio, quello di Pietro Andrea Mattioli, che descrive il Palazzo nel 1539, e quello di Erasmo da Rotterdam, corrispondente del vescovo, sono accompagnati da medaglie e da volumi, molti dei quali ora alla Biblioteca Comunale di Trento, ma provenienti proprio dalla raccolta clesiana. Questa contava più di un migliaio di tomi, di argomenti diversissimi, ricordati in un inventario in morte del principe-vescovo e poi progressivamente dispersi. Se ne possono vedere diversi: alcuni con il suo nome impresso in eleganti rilegature in pelle dorata, altri con xilografie colorate ab antiquo per aumentarne la godibilità e il prestigio, altri ancora con i capilettera miniati e arricchiti con la foglia d’oro, come manoscritti fuori tempo. Molti sono dotati di glosse, dediche e appunti vergati dalla penna dello stesso Bernardus episcopus tridentinus.

Si frappone tra le stanze dei libri, forse non proprio nella posizione migliore all’interno del percorso della mostra, una importante parete con ospiti da Ferrara, dagli Stati Uniti e dal Canada: tre grandi tele raffiguranti l’Astrologia, l’Aritmetica e la Retorica (o la Grammatica?), probabilmente provenienti dal Castello Estense, parti di un ciclo più ampio dedicato alle arti liberali da Dosso Dossi già all’inizio degli anni venti del Cinquecento. Un precedente sul quale rimeditare nel decennio successivo, per i Sapienti del Castello trentino. Solo un’ultima piccola sala, con esposti altri volumi, divide il visitatore dalla biblioteca, ai lati della cui porta si affrontano i due rilievi marmorei di Vincenzo Grandi raffiguranti i profili di Platone e Aristotele, custodi massimi del sapere antico e traghettatori degli ospiti di Bernardo Cles all’interno del mondo della sua raccolta libraria.

Sfilate dai cassettoni del soffitto per il restauro, le tavole con i Sapienti compongono un anfiteatro che si palesa progressivamente davanti agli occhi, mano a mano che questi si abituano alla luce bassa della sala. Doveva essere così anche all’epoca di Cles, perché le poche finestre della biblioteca sono tutte concentrate sul lato destro, quello dove entrava la luce del tramonto e sulle tavole i Dossi avevano avuto proprio l’accortezza di raffigurarla, questa luce serotina, che in alcuni dipinti squarcia i cieli plumbei e rannuvolati tipici della pittura dei due artisti estensi.

Dei diciotto lacunari dipinti, ne restano oggi solo dodici dopo la dispersione ottocentesca, a cui seguirono il trasferimento, e un restauro, viennesi e, infine, una travagliata fase ricostruttiva nei primi anni del Novecento. Il lavoro di pulitura è stato impegnativo e si attende ora di porre mano all’intero soffitto, che merita un intervento di sistemazione completa, prima di potervi ricollocare le tavole con i Sapienti, perché continuino le loro attività di lettura, o contemplazione di grandi volumi, dal luogo in cui erano stati pensati.

Avrebbe forse aiutato i visitatori meno avvezzi alla frequentazione delle biblioteche di origine rinascimentale una ricostruzione virtuale di come doveva essere allestita la sala al tempo di Cles, con i banchi per la consultazione dei pesanti tomi, sempre assicurati tramite catenelle, con gli scaffali e le candele. Un’idea di questo è possibile grazie a uno sbiadito affresco sulla parete di ingresso della sala, dove i Dossi avevano raffigurato un dottore della Chiesa nel suo studiolo, intento nella lettura di un volume.

Se davvero poco resta della grande campagna ad affresco che doveva ricoprire i muri della stanza, le grandi tavole permettono però di intuire quale doveva essere l’atmosfera della Libraria clesiana e instaurano un dialogo immaginario tra gli ospiti della biblioteca e i Sapienti, coloro i quali avevano scritto i testi che i primi si accingevano a leggere.

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