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«Dopo Enzo, Franca: la Milano da insegnare ai giovani»

«Dopo Enzo, Franca: la Milano da insegnare ai giovani»

Paolo Rossi «Una coppia che sul palco come nella vita testimoniava un impegno artistico e politico fuori dal comune. Tutto sarà più difficile, ora. Il loro teatro sconosciuto ai ragazzi di oggi»

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 30 maggio 2013

«Maggio è un mese bastardo. In poche settimane ho perso tre miei punti di riferimento: Enzo Jannacci, don Gallo e adesso Franca». Paolo Rossi avrebbe tanto voluto rivederla, almeno un’ultima volta. «Avevamo anche dello cose da chiarire con lei e Dario, ma non ho fatto in tempo. Adesso voglio vedere Dario il più prima possibile. So che non è italiano corretto ma non importa», ha detto prima di andare a trovarlo nella sua casa di Porta Romana.

Cosa dovevate chiarire?

Ma niente, cose nostre. Roba da teatranti. Nel nostro ambiente capita di discutere e anche di litigare, ma poi si fa pace. Ero convinto che fossero in Umbria ad Alcatraz. Volevo andare giù a trovarli, e invece ho saputo solo oggi (ieri, per chi legge, ndr) che sono qui a Milano. Anche questa è una lezione: chi ha tempo non aspetti tempo, e se bisogna chiarirsi con qualcuno meglio farlo subito.

Che rapporto avevi con Franca?

Lei era una donna molto forte. Una vera capo comica. Ed era anche la testimonianza che nel nostro mestiere siamo avanti cent’anni rispetto alla società e alla politica. Per noi i gay, ad esempio, non sono mai stati un problema, anche la questione delle droghe, come molte altre questioni sociali, le abbiamo sempre lette in un altro modo. E Franca è la dimostrazione più evidente che in teatro quando una donna aveva dei meriti se li prendeva.

Ma Franca era anche l’inseparabile moglie di Dario Fo.

Certo. Quando lavoravi con lei voleva dire che lavoravi anche con lui, e viceversa. Una coppia perfetta, dentro e fuori dal teatro. D’altronde noi teatranti siamo soggetti ad andare incontro a problemi di coppia soprattutto quando ci mischiamo a voi umani. È questione di ritmi, stili di vita e momenti diversi. Mi viene in mente un drammaturgo che passava ore a guardare fuori dalla finestra e quando la moglie gli chiedeva cosa stesse facendo, lui le rispondeva: non vedi, sto lavorando.

Quale sarà il futuro del teatro, della cultura, ma anche dell’impegno sociale e politico, dopo la scomparsa di donne e uomini come Franca Rame e Enzo Jannacci?

Senza di loro io mi sento come se camminassi senza corde che mi tengono bene in piedi. E questo mi fa molto riflettere. Mi domando davvero quale sia il modo migliore per onorare sia il loro impegno artistico che politico. Stiamo parlando di una generazione fortissima, più della mia, che pure è più forte di quelle che sono seguite. Come si può fare a riprendere il loro testimone? Non è facile. Però cerco di essere ottimista. I momenti di crisi hanno sempre un significato ambivalente: o cadi o corri ancora più veloce. Francamente credo che forse la cosa migliore è occuparsi dei giovani, come loro hanno fatto con me.

Appunto, per i giovani cosa rappresenta Franca Rame?

Franca e Dario hanno sempre avuto molti problemi di censura. E’ successo anche a me, ma mai come loro. Solo che noi abbiamo sempre trovato un microfono, un riflettore, per denunciare che cosa stava accadendo a noi e alla società. Franca e Dario non hanno mai smesso di farlo. I ragazzi invece oggi non riescono neppure a salire su un palco. E senza persone come Franca sarà ancora più difficile per loro trovare il modo per farsi sentire.

Franca Rame come Jannacci. Con loro scompare una stagione culturale e politica che appare sempre più lontana, ma anche una grande Milano che ormai non c’è più. Come si può fare per non frasi prendere solo dalla nostalgia e dallo sconforto?

Anche qui voglio essere ottimista. Per me Milano è sempre Milano, anche nella sua bruttezza crescente. E’ come quelle donne che non sono belle o non lo sono più, ma che ti piacciono sempre. Anche se non riesci a spiegare agli amici esattamente il perché.

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