Donne gorilla, pifferi, cembali e tamburi
Divano La rubrica culturale a cura di Alberto Olivetti
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«Giungemmo a un golfo detto Corno di Mezzogiorno. In questo golfo c’era un’isola simile all’ultima nominata, con un lago dentro al quale c’era un’altra isola. Questa era piena di selvaggi; la massima parte erano donne dal corpo peloso, chiamate dai nostri interpreti gorilla. Demmo la caccia agli uomini, ma non riuscimmo a prenderne nessuno perché si arrampicarono su rocce scoscese e ci gettarono molte pietre. Catturammo però tre donne, che morsero e graffiarono i loro catturatori. Le uccidemmo, le scuoiammo e ne portammo le pelli a Cartagine. Questo fu il punto estremo a cui potemmo giungere a causa della mancanza di provviste».
Queste righe sono quelle conclusive che si leggono nel resoconto di un viaggio lungo le coste occidentali dell’Africa intrapreso, in un data che si calcola anteriore al 450 a.C., dal generale cartaginese Annone. Derivano da una perduta targa in bronzo, fusa in memoria dell’impresa e conservata in antico nel tempio di Baal a Cartagine. Della relazione stesa in punico ci è pervenuta una traduzione in greco. Nel suo Carthage, brillante silloge della storia di quella città, lo storico inglese Brian H. Warmington ha scritto: «malgrado tutti i suoi punti oscuri, essa rappresenta probabilmente un originale cartaginese ed è quindi l’esempio in nostro possesso che più si avvicina a un saggio di ‘letteratura’ cartaginese». E aggiunge: «Il racconto presenta delle incongruenze e talora delle evidenti imprecisioni; quasi tutti i tentativi di identificare le varie località menzionate in base alle indicazioni di rotta e alle distanze si sono rivelati vani».
«Punti oscuri», «incongruenze, evidenti imprecisioni» constata Warmington: impossibile non consentire. Valga la citazione che apre questa nota, con la menzione di quelle «donne dal corpo peloso, chiamate dai nostri interpreti gorilla». Sono tuttavia persuaso che ci viene da Plinio una indicazione di lettura adeguata al rendiconto di quella navigazione, un suggerimento per noi di gran profitto sul piano critico, per non dire dell’invito al puro gusto della lettura. Nel libro quinto della Storia naturale dove tratta dell’Africa, Plinio infatti annota: «Erano rimasti alcuni appunti di viaggio lasciati dal comandante cartaginese Annone, il quale nel periodo di massimo splendore della potenza cartaginese ebbe l’incarico di compiere la circumnavigazione dell’Africa». Ebbene Plinio riconosce in quei commentari una fonte che alimenta negli scrittori greci e romani meravigliosi racconti di favole, ed altre cose fantastiche: «et alia fabulosa».
Se stiamo al repertorio di Annone riguardo alle meraviglie incontrate nell’esplorazione della costa atlantica a sud delle Colonne d’Ercole, troviamo prodigiose presenze e strabilianti fenomeni in quei remoti luoghi della terra. Si sussegue come un diorama il variato andamento delle costiere sul mare, rare le zone pianeggianti e frequenti quelle che vengono segnate come isole e son forse alti promontori. Le rare praterie son fitte di elefanti, nelle infide acque dei fiumi che sboccano nell’oceano da misteriose sorgenti, abitano branchi di ippopotami e sulle prode limacciose si scorgono pericolosi coccodrilli. «Intorno a queste montagne vive un popolo di curioso aspetto, i trogloditi che, si dice, sanno correre più velocemente dei cavalli; crescono alberi aromatici di molte specie diverse; si odono suoni di pifferi, cembali e tamburi; selvaggi vestiti di pelli di fiere; si vede la terra fiammeggiare nella notte; rivoli di fuoco si gettano a mare; un fuoco sembrava toccare le stelle, era la più alta montagna da noi vista, e si chiamava Carro degli Dei».
Geografi e storici, ho detto, hanno tentato di dare scali e tratte a quel cabotaggio lungo costa ed hanno compilato una sorta di libro di bordo ideale che sommerebbe a trentacinque giorni di navigazione. Ma sono proprio questi studiosi ad ammettere per primi la relativa attendibilità delle loro ricostruzioni. È, al contrario, nell’iperbole fantastica («sessanta navi a cinquanta remi, uomini e donne in numero di trentamila» sta scritto) che si concentra la verità storica delle numerose navigazioni dai cartaginesi intraprese in un lungo arco di tempo, fino ad Annone.
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