Donne da tutto il mondo per Leyla Guven, 87 giorni senza mangiare
Turchia La parlamentare dell'Hdp Guven continua lo sciopero della fame dopo il rilascio e continua a chiedere la fine dell'isolamento del leader del Pkk Ocalan. Alzano la voce attiviste, giornaliste, scrittrici, da Marichuy a Shirin Ebadi
Turchia La parlamentare dell'Hdp Guven continua lo sciopero della fame dopo il rilascio e continua a chiedere la fine dell'isolamento del leader del Pkk Ocalan. Alzano la voce attiviste, giornaliste, scrittrici, da Marichuy a Shirin Ebadi
Leyla Guven non mangia da 87 giorni, si nutre solo di sale e vitamine. Il rilascio, ordinato dal tribunale meno di una settimana fa, non ha messo fine alla protesta della parlamentare curda dell’Hdp e co-leader del Democratic Society Congress (Dtp). Dalla sua casa di Baglar, a Diyarbakir, Guven chiede la stessa cosa: la fine dell’isolamento a cui è sottoposto il leader del Pkk, Abdullah Ocalan, rinchiuso dal 1999 nell’isola-prigione di Imrali.
Arrestata nel gennaio 2018 per aver criticato l’operazione militare turca contro il cantone curdo-siriano di Afrin, è stata rilasciata in attesa del processo il 25 gennaio scorso. I medici avvertono del pericolo che corre: ha perso peso e massa muscolare, soffre quotidianamente di nausee e febbre, i suoi organi interni rischiano il collasso.
Accanto ha la figlia Sabiha Temizkan e un team medico volontario che la tiene sotto osservazione. Indossa una mascherina contro le infezioni ma rifiuta qualsiasi tipo di trattamento. Una forma estrema di protesta, lo sciopero della fame, che ha segnato le lotte di tanti popoli, da quello irlandese a quello palestinese: il corpo diviene estremo strumento di dissenso. «Tutti vedono che l’isolamento è disumano – ha detto Guven dopo il rilascio – Cosa vogliamo? Democrazia, diritti umani e giustizia».
Dalla sua parte ha una grande solidarietà, sia politica che fisica: allo sciopero della fame, iniziato l’8 novembre scorso, hanno aderito via via 250 prigionieri politici curdi e – fuori dalle carceri turche – persone in tutta Europa. Due giorni fa la manifestazione indetta a Diyarbakir, una marcia verso la sua casa a cui hanno preso parte numerosi parlamentari, è stata dispersa dalla polizia turca con i cannoni ad acqua.
Intanto ieri a Strasburgo si aggravavano le condizioni di salute di Yuksel Koc, co-presidente del Congresso della Società democratica curda d’Europa (Kcdk-E), che con altri 14 attivisti è al 47esimo giorno di sciopero della fame per le stesse ragioni di Guven. Ha forti dolori al petto e allo stomaco ed è stato ricoverato. Ha però rifiutato la flebo.
E mentre manifestazioni si stanno tenendo in tutta Europa, Londra, Parigi, Marsiglia, L’Aia, Amburgo, Leyla si è rivolta direttamente al Parlamento europeo perché intervenga a favore di Ocalan in una lettera indirizzata al presidente Tajani e al Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Alla sua voce si è aggiunta quella dell’Iniziativa internazionale delle donne per Leyla Guven, gruppo nato a sostegno della parlamentare e di cui fanno parte professoresse, attiviste, deputate, giornaliste di tutto il mondo.
Dal Nobel per la Letteratura Elfriede Jelinek all’attivista indigena messicana Marichuy, dalla fondatrice delle Madri di Plaza de Mayo, Nora Morales de Cortinas, al Nobel per la Pace Shirin Ebadi, fino a Francesca Koch della Casa Internazionale delle Donne di Roma. Alle istituzioni europee chiedono di fare pressione sul governo Erdogan, colpevole «della continua erosione dei diritti umani e dello stato di diritto», perché ponga fine «all’isolamento imposto a Ocalan e a tutti i prigionieri politici in Turchia». E chiedono alla società civile di manifestare il proprio dissenso.
A Roma l’appuntamento è per il 16 febbraio, manifestazione nazionale organizzata da Uiki, Rete Kurdistan e Comunità curda in Italia.
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