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«Donne cacciate dagli ospedali»: anche l’aborto vota

«Donne cacciate dagli ospedali»: anche l’aborto votaManifestanti pro-aborto ad Austin, in Texas – foto Ap/Eric Gay

Diritto all'aborto Rapporto della Associated Press irrompe nella campagna elettorale

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 14 agosto 2024

Da quando la Corte Suprema a maggioranza reazionaria ha annullato la sentenza Roe vs. Wade, che garantiva il diritto federale all’aborto, più di 100 donne incinte in difficoltà mediche sono state allontanate dai pronto soccorso o sono state trattate “con negligenza”. A renderlo noto è un’analisi dell’Associated Press: il rapporto descrive nel dettaglio come due donne abbiano abortito nei bagni pubblici dopo che erano state rifiutate loro delle cure adeguate. Un’altra donna, che era andata al pronto soccorso ed era stata rimandata a casa, ha perso il feto dopo essere andata in shock settico a causa di un’infezione.

Dopo il rovesciamento di Roe vs Wade, l’amministrazione Biden aveva avvertito gli ospedali che restava comunque un obbligo il praticare gli aborti necessari per la salute delle pazienti, nonostante i divieti statali. Ma negli Stati a maggioranza repubblicana, dove le interruzioni di gravidanza sono soggette a restrizioni, i medici faticano ad attuare le linee guida federali, cercando di bilanciare le esigenze mediche delle pazienti con le potenziali ripercussioni legali, che possono includere anche la prigione.

Vuol dire che quando una donna incinta si trova ad avere dei problemi in uno stato a guida Gop potrebbe non ricevere tutte le cure di cui ha bisogno, e le sue opzioni diventano limitate, con ripercussioni che possono mettere a repentaglio la salute, la fertilità e persino la vita. Certo alcune donne possono provare a cercare cure in altri stati, se tempo, finanze e situazioni personali lo consentono. La situazione varia da stato repubblicano a stato repubblicano, ma meno di quanto si vorrebbe credere. Sebbene le leggi federali offrano qualche ricorso legale, ad esempio, una corte d’appello del Texas ha stabilito che le linee guida federali non possono ignorare il divieto di aborto dello stato, e la Corte Suprema – quando ha avuto la possibilità di farlo – non ha risolto questo nodo.
Secondo il rapporto dell’Associated Press ci sono ripercussioni anche sugli stati democratici che devono assorbire le pazienti degli stati Gop, per cui anche dove l’aborto è protetto, la carenza di personale sta portando a condizioni dannose e all’allontanamento delle donne dagli ospedali a cui si rivolgono. Le donne che vivono nelle zone rurali o nei cosiddetti ‘deserti di maternità”, aree dove non ci sono cliniche ginecologiche, sono più a rischio.

Quella dell’aborto non è più “solo” una questione del diritto delle donne di decidere del proprio corpo, ma è diventato un diritto all’accesso a cure mediche anche salvavita. Come era prevedibile questo tema è centrale nella campagna elettorale dei democratici, guidata da una candidata che sostiene una legge che proteggerebbe il diritto all’aborto a livello nazionale. A marzo Kamala Harris ha fatto la prima visita ufficiale in una clinica per aborti da parte di un presidente o vicepresidente, e anche quando era senatrice ha sempre sostenuto il diritto all’aborto. Da candidata alla presidenza, nel 2019, aveva sostenuto che gli stati con una storia di limitazioni del diritto all’aborto, avrebbero dovuto essere soggetti a un’autorizzazione preliminare prima di implementare nuove restrizioni locali, e che le leggi avrebbero dovuto essere comunque approvate a livello federale, prima di poter essere adottate localmente.

In casa repubblicana, invece, il tema è sparito, tanto che Trump l’ha recentemente minimizzato definendolo «non importante» per gli elettori, nonostante ogni volta che viene indetto un referendum a riguardo negli Stati Gop, il diritto all’aborto viene puntualmente difeso dalla base, anche repubblicana.

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