Donald Trump, la stella della destra statunitense brilla nella Casa Bianca
Saggi «Wasp» di Guido Caldiron per Fandango. Una documentata analisi sui legami del nuovo presidente con la destra Usa
Saggi «Wasp» di Guido Caldiron per Fandango. Una documentata analisi sui legami del nuovo presidente con la destra Usa
Ha la passione dell’archivista. Cataloga archivi, libri. Poi mette in campo l’esperienza accumulata in anni di lavoro giornalistico e definisce legami, link, linee di interpretazione per materiali grezzi e, periodicamente, pubblica libri sulle convulsione e le evoluzioni della destra politica e sociale tanto in Europa che negli Stati Uniti. Guido Caldiron è un nome noto ai lettori del manifesto per la sua capacità di interpretare un fenomeno «globale». Lo stesso fa in questo saggio uscito prima che Donald Trump diventasse presidente degli Stati Uniti e pubblicato da Fandango.
Già il titolo – Wasp, usato per indicare i maschi bianchi discendenti da quei padri pellegrini che colonizzarono il territorio oggi chiamato Stati Uniti – è sintomo della chiave interpretativa dell’ormai presidente americano. L’humus culturale, politico, religioso di Trump sta in quel desiderio di «rifare grande l’America» e tornare alle origini dove la purezza della «nuova Gerusalemme» da edificare non è mai messa in dubbio. Anche se l’autore sottolinea il fatto che Donald Trump è un coacervo di antico, ma anche di nuovo. Più realisticamente è l’espressione di un pensiero politico postmoderno caratterizzato da xenofobia, machismo, culto di una comunità immaginata come coesa e regolata secondo i principi della domanda e dell’offerta.
Può apparire affrettato affermarlo, ma Trump appare come espressione di un fascismo postmoderno che considerare la democrazia non un intralcio, a differenza di quello storico, ma solo come un dispositivo che è limitato alla sola libertà di parola, senza che questo si traduca mai nel mettere in discussione il monopolio della decisione politica incardinato sul rapporto tra l’élite economica e i suoi rappresentanti politici.
Il libro è una miniera di informazioni sulla storia di Trump, del suo entourage, dei suoi legami con i settori più radical del conservatorismo statunitense. Ma mai Caldiron qualifica il nuovo presidente come populista. Piuttosto lo vede come espressione di un riflesso identitario di un paese impoverito, segnato da quell’immane processo che ha ridisegnato il modo di produzione capitalistico attraverso la delocalizzazione e la centralità della finanza come fattore di governo del ciclo economico.
I «maschi, bianchi arrabbiati» non sono un’invenzione dei media, ma più che votare a mani basse per Trump, come talvolta emerge dai commenti europei, hanno semmai disertato le urne. Trump si è fatto interprete di quella rabbia, usando il risentimento, il livore accumulato in decenni di salari al palo e riduzione del potere contrattuale per imbastire un attacco al partito democratico, considerato, con molte ragioni, complice o subalterno agli interessi di Wall Street e di quella new economy ritenuta espressione di un cosmopolitismo ostile agli «americani».
La scelta di parte della working class di non votare o di guardare con indifferenza alla possibile sconfitta di Hillary Clinton da parte di afroamericani, donne e giovani condannati alla proiezione nel futuro di un presente costellato di lavoretti e precarietà ha portato Trump alla vittoria. Per Guido Caldiron è la conferma di un sentimento forte, identitario presente negli Usa. E, va aggiunto, di una erosione ulteriore dell’egemonia statunitense nel mondo, che non può certo essere ripristinata mettendo indietro le lancette della Storia. E che avvolge la presidenza di Trump nelle nebbie dell’arroganza, che non esclude guerre commerciali e una ulteriore militarizzazione della politica internazionale.
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