Internazionale

Donald Sterling: Il Magnate del Basket che Odia i Neri

Il razzismo irrompe sui playoff della NBA e getta lo scompiglio nel campionato più “black” dello sport americano. Colpa delle esternazioni del proprietario dei rampanti Clippers di Los Angeles che dopo anni all’ombra dei “cugini” ricchi Lakers, quest’anno sono nella Top 4 del miglior basket al mondo. Ma a Donald Sterling, magnate degli appartamenti per poveri, i “suoi” neri non piacciono.    

Pubblicato più di 10 anni fa

 

Non avrà avuto la forza iconica dei pugni chiusi alzati al cielo del Messico da John Carlos a e Tommie Smith alle olimpiadi del 1968, ma la protesta dei Clippers domenica prima del quarto incontro di playoff contro i Golden State Warriors è stato uno degli atti politici più significativi dello sport Americano. Quando la squadra ha gettato a  centrocampo le tute per rivelare le uniformi da riscaldamento indossate al contrario, quel gesto unanime è stato tanto più  forte data l’inconsuetudine alle affermazioni poitiche nello sport americano,  gestito – di certo lo è la NBA – come una rutilante macchina per quattrini e celebrità. Quando i due scattisti salirono sul podio coi guanti neri e le teste chine, erano passati appena sei mesi dall’assassinio di Martin Luther King e poco meno da quello di Robert Kennedy e nei ghetti americani fumavano ancora le macerie della rabbia nera, mentre l’FBI decimava metodicamente le Pantere Nere.  Con le dovute differenze, le squallide dichiarazioni di Robert Sterling, il proprietario dei Los Angeles Clippers,  hanno avuto, nell’odierna sfera mediatica   e social, la stessa nefasta forza. La registrazione telefonica che ha immortalato l’ottuagenario magnate immobiliare mentre redarguisce la propria “olgettina” – tra l’altro di razza mista messicana e afroamericana – perché “bazzica quella gente”, lo “imbarazza” postando selfie instagram assieme a negri (Magic Johnson) e “li porta alle mie partite”, ha avuto la forza di un attentato suicida nel mezzo delle finali del basket Americano. Il basket, ovvero quello sport in cui squadre composte per l’80% di atleti neri fanno la fortuna dei miliardari bianchi che le gestiscono. Lo sport più inestricabilmente legato all’identità nera, all’hip-hop, all’ineffabile “cool” della urban culture – squisito eufemismo per l’irresistibile forza costantemente co-optata da moda, sponsor e il complesso corporate che ne incasssa i lauti dividendi. Per questo anche il presidente afroamericano, quello per cui la passione del basket è l’unica concessione “black” in un altrimenti rigoroso “riserbo” razziale,  è immediatamente intervenuto sulle scandalose esternazioni dello spregevole Sterling. Ai selfie con la banana, Obama ha preferito un terso e lucido commento in cui tra l’altro ha detto:“Non credo ci sia bisogno che io interpreti per voi le affermazioni del padrone dei Clippers; parlano da sole. Quando persone ignoranti vogliono pubblicizzare quell’ignoranza basta farli parlare (…) La NBA è un campionato amato da tifosi in tutto il paese. Un campionato in cui militano un bel pò di giocatori afroamericani. Immerso nella cultura afroamericana (…) Mi limiterei ad un solo commento. Gli Stasi Uniti continuano tutt’oggi  a fare i conti con un retaggio di razza, schiavitù e segregazione. Le vestigia della discriminazione sono ancora con noi. Abbiamo fatto grandi progressi ma è inevitabile assistere ad occasionali manifestazioni. Non dobbiamo desistere dal denunciarle nella maniera più decisa e insegnare diversmente ai nostri figli. E rimanere fiduciosi che se affermazioni  di questo tipo oggi stonano così marcatamente è perché le nostre opinioni sono cambiate.” Per Sterling le esternazioni spregevoli sono un vecchio vizio, di solito indirizzato agli inquilini delle centinaia di appartamenti che possiede  in quartieri disagiati di Holywood e Koreatown, i quali ha pubblicamente indicato (ricavandone anche alcune querele) di non voler affittare a “negri e messicani”.  Dopo il caso di Cliven Bundy, rancher del Nevada assurto a beniamino conservatore per “l’eroica  resistenza”” contro gli odiati strozzini del fisco federale fin quando nell’ennesimo collegamento di Fox News ha ritenuto di esporre le sue idee sulla convivenza razziale (“loro stavano meglio da schiavi”), Sterling è stato il secondo  spiacevole rigurgito del “retaggio” di cui ha parlato Obama. Ma Sterling ha da solo spento i riflettori sulla festa dei playoff, il suo schiaffo allo sport, ai tifosi, alla civiltà e alla sua stessa squadra ha allibito l’America. E frastornato proprio i suoi giocatori che quest’anno,  dopo interminabili anni bui passati come deriso fanalino di coda –  nella perenne ombra dei magici Lakers – erano infine  arrivati vicino alla vetta del miglior basket  del mondo. Per loro,  abbandonati a se stessi al centro di una tempesta medaitica nel momento meno opportuno, l’avventura potrebbe ora finire nel peggiore dei modi.

 

 

 

LC

 

 

 

 

 

 

 

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