Cultura

Don Milani, un’attualità lunga cent’anni

Don Milani, un’attualità lunga cent’anniDon Milani e i suoi ragazzi – Foto Getty Images

Anniversari Nato a Firenze il 27 maggio 1923, impastò la propria azione pastorale con le lotte civili per una scuola democratica, inclusiva e non di classe e per l’obiezione di coscienza al militarismo

Pubblicato più di un anno faEdizione del 27 maggio 2023

Cento anni fa, in un’Italia su cui da pochi mesi è calata la cappa di piombo del fascismo, il 27 maggio 1923 a Firenze nasce Lorenzo Milani. Anche se la mamma ebrea, prevedendo le leggi razziste di Mussolini, lo fa battezzare, Milani cresce lontano dalle sacrestie, in una famiglia alto-borghese e laica, aperta al religioso (il padre Albano) ma lontana dal cattolicesimo. A vent’anni si converte e diventa prete. Prende sul serio la radicalità del Vangelo e si schiera dalla parte degli sfruttati: i giovani operai di Calenzano e i giovanissimi montanari di Barbiana, dove viene spedito dal proprio vescovo per non aver sostenuto la crociata che impone ai cattolici un undicesimo comandamento: votare Dc.

SI SCONTRA CON I POTERI clericali, politici e militari dell’Italia degli anni ’50-’60. Prete fino in fondo e fino alla fine, sceglie come missione la «parola»: quella affilata del Vangelo e quella bella e complessa della lingua italiana, anzi delle lingue del mondo, da far apprendere ai suoi ragazzi perché diventino «cittadini sovrani», imparino a contrastare l’arroganza dei potenti e si uniscano agli oppressi di tutto il pianeta affinché non ci siano più «né oppressori, né patrie, né guerre». Impasta la propria azione pastorale con le lotte civili per una scuola democratica, inclusiva e non di classe e per l’obiezione di coscienza al militarismo.
È trascorso un secolo, ma l’attualità di don Milani resta dirompente, soprattutto in tempi in cui sulla scuola italiana si addensano minacciose nubi nere che oscurano il senso profondo dell’istruzione e nel mondo dei muri e delle guerre si parla con disinvoltura di cacciabombardieri e armi atomiche.

UN’ATTUALITÀ CHE STIMOLA un filone editoriale inedito: don Milani raccontato ai bambini. Tre volumi sono appena arrivati in libreria: per i più piccoli C’era una volta don Lorenzo Milani. Come la scuola migliora la tua vita per sempre, di Alice Lina Castelli, illustratrice e giovane lontana parente dei Milani, edito dalla Libreria editrice fiorentina, lo storico marchio che pubblicò Lettera a una professoressa; per i più grandi La scuola più bella che c’è. Don Milani, Barbiana e i suoi ragazzi, di Francesco Niccolini, con Luigi D’Elia e Sandra Gesualdi (Mondadori). E, soprattutto, Mia patria sono gli oppressi. Don Milani, la scuola, la guerra, della storica Vanessa Roghi (già autrice della Lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole, ora nella economica Laterza), con le illustrazioni di Marco Petrella (Momo edizioni, pp. 96, euro 14).
«Questo libro è un omaggio al suo esagerare, al suo rischiare in prima persona, al suo non tirarsi indietro mai quando in gioco ci sono l’ingiustizia, l’oppressione, la violenza», scrive Roghi, che per narrare don Milani segue i binari della lingua, per comprendere e provare a cambiare il mondo, e dell’obbedienza – parola chiave del lessico milaniano –, riportata al suo significato autentico di «ascoltare verso», e quindi capire e poi scegliere se, a chi e a cosa obbedire. E allora è vero che l’obbedienza cieca «non è più una virtù ma la più subdola delle tentazioni, come Milani scrive ai giudici che lo processano per aver difeso gli obiettori di coscienza al militare. E che per obbedire «è necessario diventare padroni delle parole, non rimanere sulla soglia della lingua» (il libro sarà l’occasione per una «lezione» sui temi sollevati dalla sua figura domani a Roma alle 18 in piazza Sauli alla Garbatella, mentre il 30 l’autrice sarà con Marco Petrella e Christian Raimo da Feltrinelli Roma Appia).

LE NUOVE USCITE, stimolate dal centenario, non sono finite, anche se in alcuni casi non si tratta di novità ma di riedizioni a cui è stata data una «rinfrescata» (come il volume delle Lettere curato da Michele Gesualdi e, dello stesso autore, Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana, entrambi editi da san Paolo), o di buone biografie che però non aggiungono nulla o quasi di nuovo (Mario Lancisi, Don Milani. Vita di un profeta disobbediente, Terra Santa; e Riccardo Cesari, Hai nascosto queste cose ai sapienti. Don Lorenzo Milani, vita e parole per spiriti liberi, Giunti).
Non manca la critica: il saggio del professore di Storia della pedagogia all’università di Bergamo Adolfo Scotto di Luzio, L’equivoco don Milani (Einaudi), che appartiene al genere letterario riassumibile nella formula «don Milani ha contribuito al decadimento della scuola pubblica», peraltro influenzato più dalle parziali interpretazioni sessantottine di Lettera a una professoressa che dalla lettura attenta e scevra di pregiudizi delle sue opere. Il volume getta un sasso nello stagno dell’apologetica su Barbiana e offre qualche interessante e provocatorio spunto di riflessione, anche se troppo spesso, per sostenere le proprie tesi, forza il pensiero di Milani, fino a stravolgerlo.
Oggi, intanto, il «popolo milaniano» marcia da Vicchio a Barbiana, dove, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si aprirà ufficialmente il centenario.

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