Dolmen, magie da salvaguardare
Patrimonio culturale Questi monumenti megalitici preistorici presenti in molte aree italiane, in particolare in Sardegna e in Puglia, sono minacciati dall’incuria, dal disinteresse generale e dalla ricerca di terreni per nuove costruzioni
Patrimonio culturale Questi monumenti megalitici preistorici presenti in molte aree italiane, in particolare in Sardegna e in Puglia, sono minacciati dall’incuria, dal disinteresse generale e dalla ricerca di terreni per nuove costruzioni
I dolmen risalgono ai riti religiosi dei Druidi, antichi sacerdoti celtici e potrebbero essere considerati la radice della cultura europea. La parola è di origine bretone, indicava un luogo sacro di sepoltura, molto probabilmente di un soggetto appartenente a un ceto sociale alto, oppure di un sacerdote dedito al culto del Sole. Nel corso del quarto e terzo millennio, il significato di questi massi giganteschi si è esteso ai luoghi di culto in onore del dio Sole, della fertilità dei terreni strettamente legati a eventi naturali e a quelli astronomici. Un fenomeno che dal centro Europa si è esteso progressivamente all’area del nord e del sud dell’Europa, ma anche all’Asia, in particolare all’India occidentale, alla Corea e alla Palestina, e infine all’ Africa, Marocco, Tunisia, Egitto, tanto che alcuni studiosi individuano nei dolmen il primo collante culturale tra i popoli europei, ma anche tra quelli del bacino del Mediterraneo. La loro presenza si registra perfino in America Latina.
OGGI SONO CENSITI CIRCA CINQUANTAMILA dolmen in tutto il mondo. In Italia la regione che conta più dolmen è la Sardegna, seguita dalla Puglia ( il primo è stato scoperto a Bisceglie nel 1909), presenze di siti dolmenici, però, si hanno anche in Liguria, in Val d’Aosta e in minor misura in tutte le altre regioni italiane. Tutti i monumenti dolmenici sono orientati a est, a conferma della venerazione che i popoli dell’era quaternaria avevano verso il Sole. La loro costruzione, fatta di massi enormi, ha spinto le comunità antiche ad aiutarsi tra loro. Le tradizioni popolari europee associano i dolmen ai luoghi abitati dalle streghe, dagli orchi, dai folletti, dai maghi, dalle fate, dagli gnomi, dai giganti, dagli elfi, a lungo considerate da alcune popolazioni divinità da venerare. Si trattava di figure devianti che si ponevano al di fuori della «cultura cristiana».
NON SORTIRONO ALCUN EFFETTO, infatti, i numerosi tentativi della Chiesa di porre i dolmen sotto il proprio controllo ponendovi delle croci, se non altro per cancellare il significato arcaico di quei riti. Anche un certo potere politico, infastidito da quelle credenze popolari che alimentavano paure, nel corso dei secoli ordinò la distruzione dei dolmen in alcune aree geografiche. Le condizioni climatiche dettate dall’orientamento dei dolmen verso il sole e il fatto che sorgessero in prossimità delle coste, determinarono l’insediamento di diverse comunità e la costruzione di villaggi grazie alla pastorizia, all’agricoltura e alla cacciagione.
OGGI BUONA PARTE DI QUELLE AREE, ben studiate dai popoli dell’era quaternaria, sollecitano gli appetiti della speculazione edilizia, perché sorgono in una posizione panoramica. Complici involontari delle speculazioni sono le difficoltà di classificare questi monumenti megalitici e studiarli. Le risorse finanziarie sono ridotte al minimo, il ministero dei Beni Culturali scarica sulle Sovrintendenze regionali, che a loro volta a corto di finanziamenti delegano gli interventi di competenza agli Enti Locali, le cui casse sono ormai da anni agli sgoccioli.
LE UNIVERSITA’ HANNO POCHI GIOVANI ricercatori interessati ai siti dolmenici, ma anche loro hanno il problema delle risorse economiche per finanziare gli studi. Nella migliore delle ipotesi i ricercatori ottengono qualche contributo dalla Regione dove sorgono i dolmen che non va oltre le spese di vitto e alloggio per i brevi periodi di studio sul luogo. Paolo Melagrinò, esperto di siti megalitici denuncia da tempo «la necessità di proteggere questi monumenti culturali». Quelle opere ciclopiche, che hanno richiesto la posa di enormi lastre, molto probabilmente sono state realizzate attraverso il concorso di più popoli. Quegli sforzi enormi, frutto di uomini forti e ingegnosi, che hanno portato alla costruzione di dolmen e menhir, le espressioni più importanti della civiltà megalitica, oggi non solo sono minacciati dalle intemperie, ma anche dall’incuria, tanto che alcuni monumenti megalitici cadono rovinosamente fino a ridursi a semplici massi di una certa dimensione.
SE FATTI CADERE, GIACCIONO A TERRA senza significato, la rimozione diventa più facile per procedere verso l’erosione di terreni per fare spazio a nuove costruzioni. L’architetto Raffaele Renzulli, autore del libro La Valle dei Dolmen sul Gargano. Megaliti e riti del sole nel territorio di Monte Sant’ Angelo (Andrea Pacilli editore, euro 25), da anni sollecita le istituzioni e gli Enti locali affinché diano vita a un parco archeologico, l’unico modo per proteggere questo patrimonio artistico-culturale: «Ho la sensazione che dietro questa indifferenza verso i monumenti dolmenici vi sia una strategia per favorire la speculazione edilizia- afferma senza mezzi termini- è certo che ad esaminare la mole possente, la struttura, il posizionamento, le varie progettualità, ci si rende ben conto che non si tratta di casualità, perciò è forte il dovere di proteggerli dall’indifferenza e dai vandalismi insieme al desiderio di studiarli per capirne i messaggi», conclude l’architetto Renzulli, che da anni denuncia alle autorità competenti e agli organi di informazione, l’incuria e il disinteresse verso i dolmen del Gargano.
I PARCHI ARCHEOLOGICI A TUTELA dei siti dolmenici presenti nelle varie regioni italiane, potrebbero costituire per le nuove generazioni una fonte importante della storia locale risalente al periodo neolitico, rappresentare al tempo stesso una fonte redditizia di attrazione turistica, oltre che di lavoro per tanti giovani, se da parte delle istituzioni locali e delle Sovrintendenze regionali e a salire fino al ministero dei Beni Culturali, vi fosse una maggiore sensibilità e coordinamento di azioni. Non saranno certo gli studiosi locali, mossi da tanta passione per gli studi ma privi di potere decisionale, a risolvere le problematiche legate ai siti dolmenici, occorrono più risorse economiche, oltre al coraggio di sottrarre certe aree agli appetiti edilizi, ma qui la questione diventa prettamente politica.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento