Italia

Documentò un’iniziativa No Tav, giornalista condannato

Documentò un’iniziativa No Tav, giornalista condannato

Torino Nel 2012 Davide Falcioni realizzò un reportage sull'occupazione di una società impegnata nei lavori dell'alta velocità

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 febbraio 2019

 

Quattro mesi di reclusione con pena sospesa per «concorso in violazione di domicilio». La Corte d’appello di Torino ha confermato ieri la condanna emessa in primo grado contro Davide Falcioni, giornalista di fanpage.it. 

L’episodio incriminato risale a oltre 6 anni fa. Nell’estate del 2012 Falcioni si trovava in Val Susa per realizzare un reportage sul movimento No Tav per il sito agoravox.it. Il 24 agosto seguì un’azione di alcuni attivisti che occuparono pacificamente la sede della Geovalsusa srl. «La contestazione di oggi ha diverse ragioni – scrissero in No Tav in un comunicato – la società è complice della militarizzazione e della devastazione del territorio che a partire del 27 giugno 2011 continuano a essere imposte alla Val di Susa».

A novembre dello stesso anno la Digos del capoluogo torinese condusse un’operazione di polizia eseguendo 17 misure cautelari contro alcuni cittadini che avevano partecipato alla protesta: 7 arresti domiciliari, 4 divieti di dimora e 6 obblighi di firma. Quello stesso giorno il reporter marchigiano pubblicò un lungo articolo dal titolo «Io ero con i No Tav arrestati. Vi racconto come sono andate veramente le cose». Nel testo ricostruiva le varie fasi dell’occupazione simbolica ed escludeva categoricamente che ci fossero stati episodi di violenza contro i dipendenti della società o danneggiamenti delle attrezzature degli uffici.

Due anni e mezzo dopo Falcioni espose le stesse argomentazioni in un’aula di tribunale, chiamato a testimoniare dalla difesa delle persone accusate a vario titolo di violazione di domicilio, danneggiamento informatico, furto e violenza privata. Durante il suo intervento fu interrotto dal pm che lo informò di una prossima indagine nei suoi confronti per reati analoghi a quelli dei manifestanti.

Nel 2016 il giornalista è stato rinviato a giudizio. La condanna di primo grado è stata pronunciata il 9 aprile del 2018. Secondo i giudici il cronista sarebbe dovuto rimanere all’esterno dell’edificio in cui si stava commettendo un reato e informarsi successivamente dalla questura. In appello persino l’accusa aveva chiesto l’assoluzione.

«Sono assolutamente sorpreso e deluso – ha detto Falcioni – penso sia una sentenza molto politica legata alle diverse posizioni in merito alla realizzazione dell’alta velocità in Val Susa. Si tratta di un tentativo fortissimo di limitare il diritto di cronaca e il dovere dei giornalisti di raccontare quello che vedono. Il nostro lavoro è questo, non certo passare le veline delle forze dell’ordine».

L’avvocato Gianluca Vitale, che difende Falcioni, si è detto «raggelato» dalla sentenza, annunciando un ricorso in Cassazione ed eventualmente anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La redazione di fanpage.it ha espresso piena solidarietà al collega: «Dopo il tentativo di revocare la scorta a Sandro Ruotolo, ci troviamo a denunciare con forte preoccupazione un altro attacco a un nostro giornalista condannato a quattro mesi di reclusione per aver semplicemente fatto il suo lavoro di cronista», spiega una nota della redazione. Anche la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione stampa subalpina hanno commentato l’episodio: «Un giornalista che si trova in un luogo in cui si svolge un reato non può per questo essere accusato del reato medesimo».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento