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«Dobbiamo riconoscere e tutelare la bellezza del paesaggio rurale»

«Dobbiamo riconoscere e tutelare la bellezza del paesaggio rurale»

Agroecologia «Una terra vitale è una terra presidiata che riceve cure dal lavoro quotidiano»

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 19 ottobre 2023

Pier Paolo Pasolini nel 1974 per la Rai realizzò il video Pasolini e la forma della città. Nel descrivere a Ninetto Davoli la semplicità e bellezza della città di Orte, si sofferma su una strada con selciato antico che si allontana verso la campagna. La definisce strada umile che va difesa con lo stesso accanimento con cui si difende un’opera di un grande autore. Va difeso il passato anonimo, popolare. Ho sempre pensato che ci sono paesaggi rurali da difendere con lo stesso accanimento. Per la loro bellezza, per lo stupore che suscitano.

LA COSTITUZIONE DEDICA alla tutela del paesaggio l’articolo 9 o meglio il comma aggiuntivo della Legge costituzionale dell’11 febbraio 2022 che dice: «La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Non si parla nello specifico di paesaggi naturali ma il termine ecosistema è abbastanza lungo da includerli, sottenderli. Ci sono state leggi, come la legge 1922 voluta da Benedetto Croce, che difendevano e valorizzavano le bellezze naturali e artistiche del nostro paese. Anche la legge Bottai del 29 giugno 1939 tutelava il paesaggio naturale associando la sua bellezza a quella di certi quadri. Bellezza che non includeva i paesaggi modellati dall’uomo ma solo paesaggi selvaggi come il mare e l’alta montagna.

VALE LA PENA RICORDARE che è solo alla fine del Settecento che impariamo ad apprezzare la natura selvaggia. È il 1789 quando Deodat de Dolomieu, geologo francese, scopre la roccia dolomitica dando avvio al fenomeno del turismo. Prima di allora l’alta montagna incuteva paura anche a chi ci viveva.

È LA CONVENZIONE EUROPEA del paesaggio, trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa nel 2000, che allarga il concetto di paesaggio da proteggere, definendolo l’esito della combinazione di fattori naturali ma anche umani, specificando tra questi le strutture abitative, le forme d’uso del suolo e le coltivazioni. Il paesaggio diventa quindi risorsa identitaria che concorre a costituire l’identità di una comunità. Il paesaggio rurale finalmente trova una sua definizione, un po’ in ritardo rispetto ad Unesco che nel 1992 inserisce i paesaggi agrari nei siti Patrimonio dell’umanità.

UN PAESAGGIO LA CUI TUTELA e valorizzazione ha moltissime implicazioni sociali, ambientali ed ecologiche. Un paesaggio dove la terra viva e vitale crea identità e come dice Amitav Ghosh comunanza fra le persone che la abitano. Non c’è comunanza dove c’è abbandono.

ANDREA MORARA VIVE nell’Appennino Bolognese, coltiva grano e farro e resiste nonostante le difficoltà economiche. Dice «non potrei vivere senza il paesaggio che contemplo ogni mattina». È la geofilosofia che si interroga sulla relazione che le popolazioni creano con l’ambiente di vita quotidiano, che non è la patria in senso politico ma il luogo che si sente familiare, «nostro». Lorenzo Mocchiutti che coltiva le viti nel Collio orientale del Friuli, ha definito i suoi vini «Vini paesaggio». Artefice dei vini è il paesaggio.

UNA TERRA VITALE È UNA TERRA presidiata: riceve cure che spaziano dalla sistemazione dei terreni, gestione delle acque, contenimento del bosco, manutenzione della viabilità. Un lavoro quotidiano, artigiano che ha a che vedere con la bellezza. Non c’è bellezza laddove non c’è cura. Una terra curata fa spazio alla biodiversità. Il 76,8% del territorio italiano è montuoso o collinare e l’agricoltura che si pratica è un’agricoltura artigiana. L’agroecologia è il metodo di coltivazione più frequente che include le rotazioni delle culture, la scelta di varietà autoctone, la piantumazione di alberi per ospitare insetti, piccoli mammiferi, anfibi e uccelli. Una scelta di qualità per poter competere con l’agricoltura industriale.

ANNA KAUBER, REGISTA del film In questo mondo, afferma che il paesaggio agrario è bello perché dentro ci sono gli animali, l’uomo e la terra. Il lavoro delle donne pastore, ritratte nel suo film, che impiega le mani, nella sua compiutezza contribuisce a plasmare il paesaggio che diventa arte collettiva.

CI SONO MOLTISSIMI PAESAGGI rurali nel nostro paese straordinariamente belli. Paesaggi antichi come i terrazzamenti in Valtellina e i castagneti voluti da Matilde di Canossa, paesaggi racchiusi in muri circolari come i giardini panteschi a Pantelleria, paesaggi dove gli olivi sono millenari come la Piana di Ostuni e Fasano. Per farsi un’idea è sufficiente scorrere il Registro Nazionale dei paesaggi rurali storici predisposto dal Ministero dell’Agricoltura o quelli inseriti nella Lista Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

C’È UN SENSO PROFONDO nella loro frequentazione. L’incontro con le persone che lavorano la terra per produrre il nostro cibo. Un lavoro sapiente in concerto con la natura, spesso solitario e sconosciuto. Giuseppe Savino, giovane agricoltore foggiano, misura la produttività dei suoi campi in termini di relazioni. Nel corso dello scorso anno 10.000 persone hanno raconosciuto la sua azienda agricola e comprato i suoi prodotti.

ESPERIRE LA BELLEZZA del paesaggio agrario è partecipare a un bene che prima abbiamo definito arte collettiva, un atto che molto si assomiglia allo spirito dell’arte pubblica. È impegno per contrastare l’abbandono che interessa aree sempre più importanti. I terreni coltivati in collina e in montagna diminuiscono. La superficie agricola utilizzata (Sau) è in contrazione progressiva.

NEL PERIODO TRA IL 1990 e il 2005 la Sau si è ridotta in percentuale del 17,7%, oltre tre milioni e mezzo di ettari. Riduzione attribuibile al fenomeno dello spopolamento delle campagne e dell’abbandono dei terreni marginali e all’estensione del bosco. 3 milioni e mezzo di ettari di terra non più occupati da pascoli, orti, frutteti, prati permanenti, boschi destinati alla silvicoltura.

PER FINIRE, UNA NOTIZIA che lascia un po’ sperare. Anche la Fao ha attivato un programma GIAHS (Globally Important Agricoltura Heritage System) che individua in tutto il mondo paesaggi dove l’agricoltura che si pratica assurge a modello in termini di sostenibilità, resilienza, biodiversità. Paesaggi abitati da comunità che vivono in stretta relazione con il proprio territorio.

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