Bloccato in una sala all’aeroporto di Melbourne con un visto inadeguato, in attesa di un ingresso che il governo australiano non intende concedere. Intorno al numero uno mondiale del tennis Novak Djokovic si consuma una pessima scena di avanspettacolo. Convinto noVax, Djokovic ha pure contratto il Covid-19 a un folle torneo da lui organizzato in Croazia senza alcuna misura di prevenzione a giugno 2020, mentre il tennis era fermo per la pandemia. Da settimane la sua presenza all’Australian Open è in bilico, il torneo australiano per tutelarne lo svolgimento senza rinvii o focolai richiede la certificazione vaccinale per l’accesso al tabellone. E’ stato un muro contro muro, fino a due giorni fa: esenzione medica al vaccino presentata dal tennista, accettata dagli organizzatori dell’Australian Open, Djokovic iscritto al torneo, tra le proteste degli altri tennisti vaccinati e lo sdegno dell’opinione pubblica mondiale.

Tutto questo sino al tragicomico episodio dell’aeroporto di Melbourne. Il visto di Djokovic non è regolare per il governo australiano, proprio quell’esenzione medica non gli consente l’ingresso nello stato di Victoria (dove si trova Melbourne). Si tratta dello stesso stato che aveva concesso la deroga al campione serbo per la partecipazione al torneo. Un chiaro conflitto di attribuzione che accende l’opinione pubblica australiana: il paese australe infatti viene da mesi di chiusura forzata e Melbourne detiene ancora il primato della durata di un lockdown, 262 giorni. Dal governo australiano non c’è apertura a una nuova concessione per Djokovic, la figuraccia per il paese è stata mondiale.

Anzi il primo ministro australiano, Scott Morrison, ha chiesto agli organizzatori del torneo di chiarire i motivi dell’esenzione medica concessa al serbo, in caso contrario per il numero uno al mondo c’è il volo per il ritorno a casa. Djokovic deve spiegare se, come ha ammesso più volte, non si è ancora vaccinato, oppure (è l’ipotesi di alcuni media locali e rilanciata da Forbes) se si è contagiato di nuovo negli ultimi sei mesi, ipotesi che non gli varrebbe in ogni caso il visto d’ingresso. E mentre per Djokovic, come scritto dall’Herald Sun di Melbourne c’è l’ipotesi avanzata dal ministro dello sport di «uno stato di fermo per immigrati» e non si sono risolti i conflitti di potere tra le autorità statali e federali, contro il serbo è ancora in corso una durissima campagna mediatica.