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Djokovic in stato di fermo, domani si decide sull’espulsione

Djokovic in stato di fermo, domani si decide sull’espulsioneNovak Djokovic alla ripresa degli allenamenti in Australia – Ap

Australian Open Visto irregolare, il tennista serbo rischia di non poter più mettere in Australia per 3 anni

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 15 gennaio 2022

La chiusura del cerchio, che compete a una corte federale, è prevista entro domani, a poche ore dal via degli Australian Open. Intanto, nell’ennesima puntata tra il governo australiano e Novak Djokovic c’è il secondo visto annullato al campione serbo da parte del ministro dell’immigrazione australiano, Alex Hawke che così ha ne decretato l’espulsione dal paese, sebbene Djokovic sia ancora iscritto al torneo che si gioca a Melbourne anche se non vaccinato, quindi senza osservare il requisito imposto dagli organizzatori del torneo. A breve il serbo potrebbe salutare l’Australia, incassando anche un bando di almeno tre anni per quel visto irregolare, accompagnato da diverse dichiarazioni fasulle che l’hanno reso ridicolo agli occhi del mondo. Ma, dato che la vicenda sembra essere diventata un serial a puntate, c’è ancora un appiglio per il campione noVax: dopo il ricorso presentato in tempi record dai suoi legali, un giudice dello stato di Victoria, ovvero dove si trova Melbourne, ha sospeso per ora la disposizione di espulsione. Si tratta dello stesso giudice che aveva bloccato il primo tentativo di espulsione di Djokovic.

INSOMMA, SI È PRESO tempo per una decisione che farà ovviamente ancora rumore. Nel frattempo, il tennista numero uno al mondo dovrà presentarsi questa mattina a un colloquio con i funzionari dell’immigrazione, per poi tornare in stato di fermo (sarà accompagnato in un luogo segreto), come avvenuto per quattro giorni in un centro di detenzione per immigrati, dopo il suo arrivo a Melbourne con quel visto irregolare per l’esenzione medica.

IN ATTESA DI CAPIRNE DI PIÙ e di verificare se Djokovic sarà in campo o meno a Melbourne, il governo australiano con la sua espulsione ha ribadito la priorità della salute pubblica di un paese che ha vissuto un lockdown lungo mesi, 262 giorni a Melbourne. L’interesse pubblico che precede quello personale, lo stato di diritto che ridimensiona l’anarchia, che è la premessa per una buona condizione di salute di un paese. Prima l’Australia e le sue leggi, poi la libertà individuale di Djokovic.

C’È STATA UN’ACCELERATA nella questione giudiziaria pendente su Djokovic: il giudice che aveva accolto il suo primo ricorso (con restituzione del visto) ha disposto di ascoltare le parti appena tre ore dopo il secondo provvedimento di espulsione del ministro dell’immigrazione, con dibattimento visibile su YouTube. Una prova muscolare a favore di telecamere. “Gli australiani hanno fatto molti sacrifici durante la pandemia e giustamente si aspettano che il risultato di quei sacrifici venga protetto”, così il premier australiano Scott Morrison ha commentato la scelta di espellere Djokovic da parte del ministro Hawke. Va anche ricordato che Djokovic nei giorni scorsi non ha fatto nulla per ripulire la sua credibilità, dopo l’ammissione di aver concesso un’intervista al quotidiano francese L’Equipe nonostante sapesse di essere positivo.

E poi, l’omissione sui suoi spostamenti in Spagna, non comunicati alla polizia di frontiera australiana, le accuse al suo staff sulla compilazione della documentazione per ottenere il visto, compresa l’esenzione medica da ottenere per la positività del 16 dicembre. E restano i dubbi tra l’altro anche sulla data del test che ha accertato il suo contagio al virus. Oltre a Rafa Nadal, altri colleghi famosi – in passato vicini a Djokovic – come lo scozzese Andy Murray ha sottolineato che scelte come quelle del serbo, ovvero produrre una certificazione con dati alterati per giocare un torneo da non vaccinato quando la condizione per partecipare è la vaccinazione, producono delle conseguenze. La sensazione è che il tennis stia scaricando Djokovic.

IL SERBO PORTA AVANTI ostinatamente una posizione poco compatibile, il 98% dei tennisti ha scelto di immunizzarsi, anche per partecipare al torneo australiano. La linea difensiva del serbo si basa sulla volontà di non “incitare sentimenti contrari al vaccino”, in sostanza espellendo Djokovic sulla base della sua contrarietà all’obbligo vaccinale espressa pubblicamente due anni fa. Resta il dato, forse l’unico che conta: se Djokovic partecipasse all’Australian Open sarebbe l’unico tennista non vaccinato, con gli altri 127 in tabellone invece immunizzati. Un precedente assai pericoloso.

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