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Divano Abitare con il “Ritratto del dottor Gachet”

Divano Un tavolinetto fa da comodino. Il piano è foderato d’una carta a quadretti, una carta oliata di quelle impiegate un tempo per rivestire i libri di scuola. Vi son poggiati […]

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 11 ottobre 2019

Un tavolinetto fa da comodino. Il piano è foderato d’una carta a quadretti, una carta oliata di quelle impiegate un tempo per rivestire i libri di scuola. Vi son poggiati sopra pochi oggetti. Di certo un campanello d’argento col suo manico di legno tornito. Ed una scatoletta. Forse una sveglia. E un libro? La fotografia è stata presa al piede del letto dove un plaid di lana in tinta unita scende peso. Una giovane donna vi è coricata. Indossa una liseuse bianca, le mani sull’ampio risvolto bianco del lenzuolo, è appoggiata a più cuscini dalle bianche federe e ci guarda. Ricci i capelli neri, alta la fronte e tondeggiante il volto regolare. Osserva non senza complicità chi la sta inquadrando.

Costui si mostra ben attento ad includere nei margini dell’obbiettivo lei e quei due dipinti appoggiati alla parete, uno a capo del letto, l’altro sul tavolinetto adibito a comodino. Nel primo, entro una sobria cornice chiara, si scorgono tre figure. Al centro quella d’un pargolo nudo in collo alla madre: è a lui che il terzo personaggio offre una mela. Nel secondo dipinto, privo di cornice, è effigiato un uomo in attitudine meditativa; un berretto floscio, la mano destra sostiene la testa, lo sguardo perduto lontano, “con l’espressione afflitta dei nostri tempi”, a dire dell’autore. Un filo elettrico volante cala lungo la parete per finire dietro il ritratto e sotto il tavolinetto.

Il primo quadro è la Madonna con la mela, opera di Maurice Denis. L’altro è il Ritratto del dottor Gachet che Vincent Van Gogh, da pochi giorni giunto da Parigi ad Auvers per affidarsi alle cure di quel medico, aveva eseguito nel giugno del 1890. Una delle sue ultime tele. Un mese dopo, il 27 luglio, ad Auvers, Van Gogh poneva fine alla sua vita. La donna che ha posto a capo del letto i due dipinti è Alice Ruben (1866-1939). È nata a Copenhagen in una famiglia dell’agiata borghesia. Ha da poco compiuto trent’anni. Ha sposato in seconde nozze Poul Kuhn Faber, il tisiologo che l’aveva assistita durante i mesi di degenza nel sanatorio di Silkeborg. Alice è appassionata d’arte e si diletta di pittura. A Copenhagen frequenta con assiduità i circuiti dell’avanguardia artistica danese donde si guarda ai pittori parigini del postimpressionismo. Nella primavera del 1897 Alice e Poul si recano a Parigi.

Tornano a Copenhagen con il Denis e il Van Gogh acquistati l’uno direttamente dal pittore, nel febbraio; l’altro, il 30 aprile, da Ambroise Vollard, per trecento franchi. La fotografia che ho descritto fu scattata, verosimilmente da Poul, nel maggio del 1897. Alice, allettata per cautela negli ultimi due mesi, è incinta e partorirà in giugno. È per certo questa la prima riproduzione fotografica del celeberrimo Ritratto del dottor Gachet di Van Gogh. Ed è, per quanto io sappia, l’unica che mostra il quadro collocato in una dimensione quotidiana che si può ben definire domestica. I due quadri partecipi degli andamenti giornalieri degli interni, di quei silenzi e di quelle voci, del rumore delle stoviglie e del profumo dei bucati riposti negli armadi.

Il succedersi delle ore nel tempo casalingo. La luce che varia nelle stanze e le suppellettili e gli arredi che ne accolgono ora una lama ove danza un pulviscolo impalpabile; ora sono lasciati in uno degli angoli in ombra che invitano al riposo nella controra. Le ore di Alice Ruben in attesa, coricata nel suo letto, sono partecipate nelle mutazioni domestiche della luce che circonfonde i colori del Dottor Gachet. Ore che passano accanto alle cadenze che, secondo il volgere della luce naturale, modulano le attinenze reciproche di quegli smaglianti accostamenti cromatici.

Un ritratto ottenuto secondo “la tecnica e il gusto moderno del colore” dice Vincent parlandone, la tela appena realizzata, in una lettera dell’11 o 12 giugno alla sorella Wilhelmina, dove si vede, le scrive, “un viso color mattone … capelli rossi … berretto bianco … colline azzurre … libri gialli … il ritratto è quasi tutto azzurro. È un blu da mezzogiorno inoltrato e il vestito è lilla chiaro”. Così la fotografia scattata in una mattina luminosa da Poul nella camera da letto di Alice ci invita a considerare, e ci può aiutare ad intendere, cosa sia il convivere, l’abitare con una pittura.

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