Ci sono musicisti come Roberto Dani che fanno viaggi attraverso le musiche di diverso tipo con una continua acquisizione di sapienza. E di tensione emotiva. E di desiderio compositivo mentre la prassi improvvisativa in collettivo diventa radicalissima. Dani è un percussionista che predilige le pause di silenzio, i tocchi discreti, ma non tralascia certi battiti secchi, come per un bisogno momentaneo di violenza sonora. Attimi, generalmente. Ha una lunga carriera di drummer nel miglior jazz italiano, per esempio in un trio magnifico capeggiato da Giorgio Gaslini.

ORA SI OCCUPA di disegni sonori complessi in un universo dove i generi scompaiono. O in solo come nel recente Notturno (2021) o con ensemble che lui presenta non diretti da lui ma nelle sembianze di piccole comunità che da lunghi anni esplorano l’improvvisazione di gruppo e non si limitano a darne una versione che sa «di istante». Hanno una visione compositiva. È il caso di Forme Sonore Ensemble che troviamo con Dani nel nuovissimo album Incanto (Csc Records). L’organico è curioso.Ora si occupa di disegni sonori complessi in un universo dove i generi scompaiono. O in solo come nel recente Notturno (2021) o con ensemble che lui presenta non diretti da lui ma nelle sembianze di piccole comunità che da lunghi anni esplorano l’improvvisazione di gruppo e non si limitano a darne una versione che sa «di istante».
Tre batteristi (Dani, Andrea Fabris, Paolo Possidente, che è anche all’elettronica), una violinista (Cecile Delzant), un tastierista (Paolo Guarneri) e una virtuosa dei sintetizzatori (Maria Borsato). C’è un titolare? Sì, è Roberto Dani, ma non sappiamo se solo a lui sono dovute le poche (ma assai significative) tracce scritte che vengono adottate nei sette brani. Incanto, la title track, mantiene la promessa della parola. Per quel tanto di etereo. Ma tutto qui come nel resto dell’album è costruito con brevissimi suoni troncati, specie del violino, con onde elettroniche o dei synth, e ci sono intercalari frequenti, in alcuni punti addirittura costanti, di suoni percussivi che sono come apparizioni, languori di laboratorio tecnologico.

L’INSIEME è in sintonia con la «contemporanea» più attuale, quella in cui improvvisazione e multimedialità contano molto. Qui la multimedialità è sottintesa dato che il fattore visuale a cui ci si riferisce è un pannello di Danijel Zezelj. Poi c’è la cultura e la memoria viva della free improvisation. Specie se si ricordano le prime prove dei collettivi inglesi-tedeschi-olandesi degli anni ‘70. Sicuramente più agitate, ma nei passaggi più pensosi era facile ascoltare questo sminuzzamento dei suoni brevi a comporre un quadro senza cornice, senza bordi, aperto su ogni lato. Maestria di Dani & C nel non perdere nemmeno per un attimo il proposito compositivo. E l’attenzione amorosa. E il clima di raccoglimento che creano. Forse il brano Incanto è il capolavoro, ma si può ascoltare tutto il cd come un flusso unico. Fascinoso.