Dobbiamo parlare assolutamente della palestra, bambini. Perché così non può andare avanti. Ogni volta che andiamo in palestra qualcuno si fa male o qualcuno piange. Siamo in terza, in quinta volete andare tutti all’ospedale? Se va avanti così io non vi porto più fino alla fine dell’anno. «Nooo, maestro». «Perché ci agitiamo tanto».

Ripetiamo le regole che avevano scritto? Se ve le ricordate o avete già dimenticato?

«Io me le ricordo, un po’ me le ricordo. Che tu non puoi dire che non si fa palestra perché anche ginnastica, anche educazione fisica è una materia e allora uno può non farla solo quando c’è una giustificazione dei genitori, non come fanno alcune femmine che dicono che non vogliono farla». «Poi non si può prendere in giro chi sbaglia. Perché se uno sbaglia, magari uno della tua squadra, poi tu o un altro compagno di squadra lo prendono anche in giro, dopo va a finire che bisticciano tutti». «Oppure prendi in giro anche uno dell’altra squadra, è sempre sbagliato». «Per me noi in palestra ci comportiamo male perché quando si fanno i giochi di squadra tutti vogliono vincere». «Soprattutto i maschi».

«Una regola è che tu non puoi lasciare la tua squadra e andartene via come ha fatto N, l’altra volta. No, non puoi, poi è anche da vigliacchi che tu lasci la tua squadra solo perché sta perdendo». «Non si possono fare i nomi, quando facciamo questo cerchio magico». «Per me un’altra regola era che in campo non devi parlare. Può parlare con l’arbitro solo il capitano. Anche nel calcio vero è così. Sì, è così». «Sono i maschi che si agitano troppo. Sono troppo agitati per giocare a pallavolo o a pallamano seduta». «Poi noi siamo diventati più grandi da quando eravamo in prima e va a finire che ci facciamo più male».

«Una regola che mi ricordo e abbiamo scritto sul quaderno è che in non possiamo prendere in giro chi sbaglia ma se siamo i suoi compagni di squadra dobbiamo consolarlo, dobbiamo dirgli che non fa niente se ha sbagliato una volta, che la prossima volta andrà meglio». «Sì, insomma, non bisogna disperarsi ma farsi dei complimenti, incoraggiarsi». «Io penso che i maschi non sanno perdere, per questo dicono quelle brutte parole a chi sbaglia. Le dicono se uno perde. Ma le dicono anche se stanno vincendo. Si danno delle arie».

«E’ difficile stare zitti perché non faccio apposta, delle volte. Lo so che non si deve fare. Ma a me le parole vengono in bocca da sole. Perché anche mio papà dice che sono molto sportivo». «Molto competitivo, si dice. Anche nella squadra di calcio sei così. Infatti anche l’arbitro delle volte ti dice di stare più calmo e di non parlare in campo». «Una regola è che durante una partita non si può fare due passi con una amica e parlare di altre cose e fare finta di giocare. Oppure sdraiarsi o sedersi nel campo e non giocare. Perché se si fa una partita, tutti devono farla. Non si può andare via dal campo o iniziare a parlare di altre cose solo perché la partita non ti interessa». «Non puoi fregartene». «Per qualcuno è troppo importante, per altri troppo poco». «Bisticciamo perché delle volte non decidiamo il capitano di ogni squadra». «Non puoi prendere in giro». «Una regola è che non puoi cantare in campo durante la partita». «Non puoi fare pernacchie ai tuoi avversari o fargli il dito».

«Non puoi ridere se uno sbaglia o cade a terra, piuttosto devi riuscire a dargli una mano, aiutarlo a rialzarsi». «Poi bisogna passare la palla un po’ a tutti, altrimenti chi non gioca mai, chi non riceve mai per mezzora o per un’ora la palla, va a finire che si arrabbia con tutti e poi se ne vuole andare via e smette di giocare». «Poi chi bisticcia perde sempre, avevamo scritto». «Anche tra maschi e femmine, non si possono fare dei commenti che danno fastidio». «Dobbiamo riuscirci, maestro, perché non possiamo non andare mai in palestra». «Io sono più calmo se vinciamo». «A tutti piace vincere, è per quello». «Anche quando la palla è andata nella rete e poi è caduta dall’altra parte, nel campo degli avversari, in tanti la hanno presa in giro. Dico G. Forse per me non sanno le regole della rete, della pallavolo, del tennis. La palla può andare contro la rete, ma se va sulla punta della rete e poi cade di là, uno non ha sbagliato. Stava per sbagliare, ma non ha sbagliato».