Le femministe più sagge o semplicemente quelle con più anni di esperienza separatista alle spalle lo dicono, con un’espressione anche un po’ discutibile: gli uomini «non reggono» la quantità di estrogeni che si sprigiona quando ci sono tante donne in uno stesso posto. Avviene anche quando delle amiche vere si incontrano e magari ci sono fidanzati e mariti vari: vengono automaticamente estromessi dalla conversazione o se ne tirano fuori, impossibile stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina, certo è invece il risultato.
Le donne parlano, ridono, diventano scure in volto o si disperano, a un ritmo concitato, in cui come in una danza o sei capace di lasciarti andare e allora puoi anche stare in pista e goderti lo spettacolo e la gioia della musica, o esci di scena. Esiste quindi per gli uomini la possibilità di scegliere, non vige il determinismo, neanche quando si tratta dei «famosi» o «famigerati» discorsi tra donne.
AL CUORE dell’ultimo romanzo di Rossana Campo stanno proprio loro: le parole tra amiche. Così allegre senza nessun motivo (Bompiani, pp. 192, euro 17) le mette sulla pagina a ruota libera, come accade nella realtà, senza segni di punteggiatura che scandiscono i dialoghi. Un flusso continuo di discorsi, in cui l’unica cosa che riesce a trovare spazio è il cibo e giustamente, perché tutte le donne, anche quelle che non cucinano, persino quelle che non mangiano, pensano sempre al cibo. Patti, la protagonista, e le sue amiche nel loro gruppo di lettura che hanno deciso di chiamare Les Chiennes Savantes in onore del romanzo di Virginie Despentes, parlano di testi scritti da donne, e quindi della storia della discriminazione femminile, di sessualità, Compare ovviamente anche Carla Lonzi, insieme ad Anaïs Nin e molte altre, ci si racconta, si litiga.

UN TEMA RICORRENTE, che merita sempre più spazio, caro alle chiennes, è quello del climaterio e della menopausa, di come – nonostante gli enormi passi avanti che facciamo ogni giorno – la relazione fra il potenziale seduttivo di una donna e la dose di benevolenza che può ricevere dal mondo è ancora così direttamente e maledettamente proporzionale.
I discorsi fra donne, si sa, come tutti i racconti del mondo, spesso si ripetono, ma anch’essi come le storie vere, non perdono di senso, di interesse: «è come se noi ci portassimo dentro, ben nascosto sotto i nostri vestiti e le nostre lauree il desiderio di consegnare la responsabilità della nostra vita a qualcuno che la sappia amministrare e proteggere al nostro posto Questi uomini sono una nostra invenzione, ce li creiamo noi, con la forza del nostro desiderio, della nostra immaginazione».
Tra le tante descritte nel romanzo questa è la serata in cui le amiche si scagliano contro il romanticismo, senza rinunciare all’autoanalisi: perché è vero, esistono delle donne emancipate nel senso etimologico della parola, libere dal possesso di qualcun altro, ma ci sono almeno altrettante «schiave» dell’amore, più o meno consapevoli. Il loro conforto, se vale qualcosa, è che di solito sono le più simpatiche: «io adoro la simbiosi, dice Alice, vorrei proprio un rapporto simbiotico con qualcuno! Qualcuno che sta sempre lì e non ti molla mai, aggiunge, soffiandosi il naso».

LA PIÙ AMABILE DI TUTTE, però, è Patti che ci conduce nel romanzo, raccontato attraverso la sua voce, quando le amiche la lasciano parlare: è una lesbica butch, che è spesso incappata in storie dolorose, con donne che non l’hanno amata abbastanza, mentre lei è una che ama troppo, perché nella sua storia, alle origini, c’è un abbandono. Andata via di casa da ragazzina è approdata in Francia, come altre personagge che compaiono nel romanzo, fuggite da un’Italia dolorosa, perché provinciale o semplicemente troppo familiare. Ad accoglierle una Parigi descritta con amore e gusto dall’autrice, che sa trasmettere insieme alla sua solita carica di vitalità che dà piacere alla lettura, anche il benessere di passeggiare in quella città così fredda e consolante.