Le coordinate le ha fornite il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma certamente mai nella storia della repubblica «il disbrigo degli affari correnti» – previsto dalla prassi costituzionale – che porterà avanti il dimissionario governo Draghi sarà così ampio. Critiche delle opposizioni e possibili ricorsi giuridici – alla Corte dei conti – permettendo.

Guerra, pandemia e inflazione sono accadimenti incontrovertibili ed emergenze da affrontare. Poi ci sono le necessità legate al Recovery plan e ai fondi che Bruxelles concede all’Italia a patto di «proseguire sul cammino delle riforme».

Il primo provvedimento discusso nel Consiglio dei ministri già ieri sera è stato il disegno di legge sulla Concorrenza. Dopo la spaccatura della maggioranza e le proteste di piazza, Mario Draghi ha dovuto accogliere la richiesta parlamentare uscita dalla riunione dei capigruppo di stralciare l’articolo 10 contestato dai tassisti, appoggiati in primis dalla Lega e Fratelli d’Italia che impegnava il governo a modernizzare il trasporto pubblico non di linea – ovvero i taxi e il noleggio con conducente (Ncc) – e a garantire «una migliore tutela del consumatore».

L’articolo 10 del testo verrà soppresso in commissione. Su proposta di Debora Serracchiani (Pd) è stato assunto l’impegno da parte di tutti i gruppi a non presentare emendamenti in aula sul provvedimento per una rapida approvazione.

Nel consiglio dei ministri invece Draghi è stato fin troppo conciliante a parole: «Dobbiamo far fronte alle emergenze: pandemia, guerra in Ucraina, inflazione e costo dell’energia. Dobbiamo portare avanti l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza anche per favorire il lavoro del governo che ci succederà».

Detto questo, per assicurarsi anche la prossima tranche da 19 miliardi andranno approvati i decreti attuativi della riforma della giustizia civile, penale e tributaria (se verrà chiusa in Parlamento) e quella che rivede il codice degli appalti. Sono moltissimi poi i decreti legislativi che mancano per dichiarare definitivamente in vigore molti dei provvedimenti approntati dal governo Draghi: dalla riforma della giustizia Cartabia ai tanti decreti (Aiuti in primis).

Lo stesso Mattarella ha parlato di un provvedimento per calmierare gli effetti dell’inflazione sulle fasce più deboli. Draghi mercoledì al Senato aveva parlato di un decreto entro luglio o primi di agosto: dovrebbe trattarsi di un nuovo decreto Aiuti stimato in 10 miliardi con l’obiettivo di proteggere famiglie e imprese dalla corsa dell’inflazione e dai rincari di benzina e bollette. In parallelo potrebbero proseguire i confronti con le parti sociali, con l’obiettivo di individuare alcune misure per proteggere i salari.

«Il governo è ancora in carica, per noi dovrebbe fare un decreto entro fine luglio per mettere soldi in tasca agli italiani a partire dai redditi più bassi dipendenti e pensionati, è possibile e va assolutamente fatto – ha dichiarato al Tg3 il segretario generale della Cgil Maurizio Landini – . Per questo chiediamo al governo, come si era impegnato Draghi, di convocarci prima».

Detto questo, se il decreto sarà Aiuti bis sarà emanato «in casi straordinari di necessità e d’urgenza» come recita l’articolo 77 della Costituzione – il parlamento potrà emendarlo a piacimento – «il giorno stesso dovrà presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni», si conclude l’articolo 77.

Ma anche l’evoluzione del conflitto in Ucraina potrebbe portare alla necessità di nuovi invii di armi a Kiev: su questo tema Draghi può contare sull’appoggio certo di Giorgia Melo e Fratelli d’Italia sul relativo decreto.

Si spera poi di non dover deccretare d’urgenza sul Covid: significherebbe che la pandemia ha rialzato pesantemente la testa.

Draghi infine aveva promesso anche il taglio del cuneo fiscale ma questo sarà lasciato alla legge di bilancio che – maggioranza parlamentare trovata permettendo – farà il prossimo governo. A settembre, invece, l’appuntamento sarà con la Nadef che aggiornerà il quadro macro-economico ma senza dare indicazioni delle nuove politiche: il documento potrebbe non avere il quadro programmatico, ma solo quello tendenziale a legislazione vigente.