Scuola

Disabili mostri o bambini? Quando lo stato diventa razzista

«La scuola è chiusa per tutti, perché c’è la giornata per i disabili. Sono molto malati… quindi i bambini si impressionano…». Aiuto! Questo è il cartello affisso davanti in un […]

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 2 ottobre 2013

«La scuola è chiusa per tutti, perché c’è la giornata per i disabili. Sono molto malati… quindi i bambini si impressionano…». Aiuto! Questo è il cartello affisso davanti in un paesino di una scuola di Ischia per la «Giornata dei disabili» ospitata nella scuola di un istituto comprensivo delle suore. Il responsabile regionale dei Verdi ecologisti, Francesco Emilio Borrelli, chiede scusa. E dichiara: «I disabili sono sempre più trattati come mostri e questo non fa onore alla nostra storia e cultura». Le deputate del Pd, Laura Coccia e Ileana Argentin, annunciano di essere pronte a denunciare al ministero «e a chi di dovere il gravissimo episodio chiedendo immediatamente che vengano avviate delle indagini per stabilire eventuale responsabilità».
A difendere le suore del «Pio Monte della Misericordia» è Arnaldo Ferrandino, sindaco di Casamicciola. «La buona fede delle suore è testimoniata dal lavoro e servizio che da 50 anni fanno a Casamicciola, dando un tetto ed una casa ad orfani e bambini abbandonati. Probabilmente avranno pensato che non era il caso di far andare all’asilo bambini di pochi anni che avrebbero potuto restare impressionati». Invece a Monte di Procida (Napoli), gli studenti del liceo Anneo Seneca hanno scelto lo slogan «Io entro solo dopo Jessica», e si sono mobilitati per la studentessa Jessica Cardamuro, disabile maggiorenne iscritta al primo anno della scuola media superiore, che non ha diritto ad avere insegnanti di sostegno e così l’iscrizione della ragazza non è stata accettata dalla scuola: dove andrà?
Ecco, questi gravi fatti, queste gravi parole, sono il frutto cattivo quanto inevitabile delle tante, troppe politiche scolastiche avvilenti che si sono avvicendate in questi anni in Italia sta giungendo alla sua triste maturazione. E ha un nome: razzismo. Ci troviamo infatti di fronte a politiche scolastiche fortemente meritocratiche che fomentano e incitano al razzismo. Una vera e propria forma di razzismo di Stato. Il caso più eclatante riguarda un fenomeno che si registra da ormai qualche tempo all’inizio dell’anno scolastico: lo svuotamento delle classi che hanno al loro interno uno studente diversamente abile. E’ chiaro che la forte riduzione dei docenti di sostegno che c’è stata in questi anni, – la richiesta delle ore certificate dalle Asl per «coprire» il tempo scuola di questi alunni è tranquillamente disatteso dalle istituzioni scolastiche statali e al massimo si ricorre all’utilizzo di educatori sottopagati e in gran parte impreparati a spese dei comuni, e questo nei casi migliori, – ha un suo grande peso rispetto a questa situazione.
Così l’Italia, che prima del 2008 e della riforma Gelmini era un paese all’avanguardia nel mondo per la qualità dell’integrazione di questi alunni con bisogni speciali, ora rischia di precipitare tra i paesi che a scuola sono più discriminanti. C’è chi torna a parlare dei bambini diversamente abili e delle loro disabilità come qualcosa di ripugnante. Un limite all’insegnamento alla classe, invece che un valore aggiunto, perché quell’alunno impone il bus con la pedana per la gita, impone che alcuni giochi o studi siano adattati. C’è chi ripete con insistenza che la sua presenza, inevitabilmente, rallenta l’apprendimento di tutti gli altri studenti «normali». E allora le mamme, anche le progressiste, anche quelle di più larghe vendute, insieme ai papà, spostano i loro figli da una classe «infestata» dal disabile a un’altra «sana», «omogenea», «normale». Sui giornali si grida allo scandalo. Perché? Non è forse quello che in questi anni ci ha insegnato il nostro stesso Stato? Pensiamo alle famigerate prove Invalsi: sono sottoposte a tutti gli studenti tranne che ai disabili.
Occorre urgentemente che anche le mamme e i papà dei bambini non disabili mostrino la loro solidarietà e la loro indignazione nei confronti di queste situazioni che sono ormai una vergogna nazionale.

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