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Diritti civili, un difficile compromesso

Diritti civili, un difficile compromesso

Governo Per le unioni di fatto Alfano punta al riconoscimento di garanzie personali, slegate dalla coppia

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 26 febbraio 2014

Di immigrazione non se ne parla nemmeno. Il tema è così incandescente che Matteo Renzi, parlando al Senato, non ne ha neanche fatto cenno. Meglio sorvolare, avrà pensato il premier insieme ad Angelino Alfano, liberando così il campo da un argomento che imbarazza entrambi. Ma anche così, anche accantonando la possibilità di mandare finalmente in soffitta la Bossi-Fini, altri temi «sociali» rischiano di rendere il percorso del governo particolarmente accidentato. E tra questi c’è la partita sui diritti civili e in particolare la riforma della cittadinanza per i bambini figli di stranieri e le unioni civili. Due punti sui quali nel discorso programmatico Renzi ha già detto chiaramente di voler cercare un compromesso con il Nuovo centrodestra ma che intanto continuano a dividere la maggioranza. Da giorni le delegazioni di Renzi e Alfano – Ivan Scalfarotto e Davide Faraone per il Pd, Gaetano Quagliarello e Renato Schifani per il Ncd – continuano a lavorare nel tentativo di avvicinare posizioni che, fino a ieri sera, erano ancora molto lontane. Specialmente sulle unioni civili sulle quali il Ncd, pur avendo fatto passi in avanti e abbandonato l’iniziale posizione intransigente, non vuole proprio sentire parlare di equiparazione di diritti tra coppie sposate e coppie gay. «C’è comunque una ferma intenzione di parlare e trovare un punto di accordo, e il confronto si svolge in un’atmosfera molto pacata», spiega Scalfarotto, convinto che prima o poi si arriverà a un accordo.

Già, ma la domanda è: che tipo di accordo sarà quello trovato con Alfano?. Il punto di partenza del Pd si conosce: Renzi ha infatti detto più volte di guardare al modello tedesco, la «civil partnership» che riconosce piena eguaglianza di diritti tra quanti convivono, etero o gay che siano, e coppie sposate. Il che significa, tra l’altro, la registrazione dell’unione davanti a un pubblico ufficiale e l’equiparazione del trattamento fiscale tra coppie gay e etero, ma anche la possibilità di subentrare nel contratto di affitto in caso di morte del partner. Tutto tranne l’adozione di un bambino. Se nella coppia uno dei due ha però un figlio naturale, il partner può adottarlo, come ulteriore forma di tutela del minore.

Diritti ormai acquisiti un po’ ovunque in Europa, ma troppo avanzati per il Ncd che pur riconoscendo la necessità di arrivare a una legislazione in materia, punta però al riconoscimento di diritti individuali. Il che significa la possibilità di visitare il partner in ospedale in caso di malattia, permessi retribuiti sul lavoro per assistere il partner in caso di infermità e possibilità di subentrare nel contratto di affitto. I nuovi diritti, insomma, devono essere legati alla persona e non alla coppia, nel tentativo di scongiurare ogni possibile equiparazione con il matrimonio.

Per Renzi si tratta di una strada particolarmente impervia. Se infatti accontenta Alfano, rischia di aprire uno scontro con cuperliani e civatiani, che già hanno detto di non voler accettare mediazioni su questi temi. Come spiega il democratico Sergio Lo Giudice, che giudica «inaccettabile» ogni tipo di compromesso. «Se accetteremo i veti del Ncd – spiega il senatore civatiano – il piccolo Ernesto, figlio di due mamme e che Renzi ha più volte citato in campagna elettorale, se succederà qualcosa a Teresa, la sua mamma legale, si ritroverà in orfanatrofio».

Più semplice, sulla carta, la questione della cittadinanza. L’idea è quella di uno ius culturae. Più accettabile per tutti, prevede il riconoscimento della cittadinanza per i figli degli stranieri al termine di un ciclo scolastico. Il problema, come ha spiegato anche Renzi al Senato, è intendersi: per il Pd basta un solo ciclo, mentre il Ncd chiede che si arrivi alla cittadinanza solo al termine della scuola dell’obbligo. Posizioni sempre distanti, ma meno rispetto alle unioni civili. Non è escluso che, per evitare pericolose frizioni, alla fine sarà il parlamento a occuparsi sia di unioni civili che di cittadinanza. Togliendo così le castagne dal fuoco per il governo.

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