«Non lasciate dettare le regole a Uber!». Con questo spirito il mondo dei lavoratori della gig economy deve aver atteso la decisione dei ministri del Lavoro dei governi dei 27, riuniti in Consiglio a Bruxelles per deliberare sulla Platform work directive, o direttiva rider, che impone norme comuni in tutta l’Ue per far emergere i finti autonomi e regolare il potere dell’algoritmo nel mercato del lavoro.

La direttiva ha visto un iter a dir poco travagliato: l’accordo tra i tre attori istituzionali dell’Ue – Commissione, Parlamento e Consiglio – raggiunto a dicembre dopo una lunga trattativa -, è poi stato bloccato a febbraio da Germania, Francia, Grecia ed Estonia, mentre le associazioni per i diritti dei rider denunciavano massicce pressioni lobbistiche. La presidenza di turno belga ha insistito per un compromesso che permette maggior potere decisionale ai singoli stati, portando così Atene e Tallinn al sì, Berlino ad astenersi per la contrarietà dei liberali di governo, e solo Parigi a rimanere ferma sul no.

«Milioni di lavoratori vedranno riconosciute malattia e ferie retribuite. Orgogliosi di questa grande vittoria» esulta Etuc, associazione europea dei sindacati. Soddisfatta anche la relatrice per l’Eurocamera, la Pd Elisabetta Gualmini e il candidato socialista alla presidenza della Commissione Nicolas Schmit, attuale commissario Ue al Lavoro. Per l’Italia, la ministra Marina Calderone, sottolinea, in positivo, l’esenzione per il settore taxi. Ora, se tutti rispetteranno gli accordi, la direttiva dovrà tornare in Parlamento e infine in Consiglio per diventare legge nelle prossime settimane.