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Dire, dopo i licenziamenti il fermo amministrativo e i contributi sospesi

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Media Per l'agenzia di stampa lo stop di Palazzo Chigi

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 30 dicembre 2023

Non solo i licenziamenti a tre giorni dalla fine dell’anno, ora anche il fermo amministrativo: la vicenda della Dire sta assumendo contorni preoccupanti per i lavoratori e le lavoratrici dell’agenzia di stampa fondata da Franco Tatò e per la tenuta del sistema della stampa in generale. Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari, ieri il ministero dell’Istruzione (e del merito) avrebbe disposto un fermo amministrativo su una cospicua parte dei fondi della società editrice, la Com.e. Il fermo sarebbe in relazione con alcuni pagamenti effettuati dal ministero alla Com.e, oggetto nel frattempo di un procedimento penale. Questo provvedimento però, non solo impedisce il versamento dei contributi pubblici pregressi e futuri alla società editrice ma blocca anche l’accesso alla procedura negoziata prevista per gli iscritti all’elenco delle agenzie di stampa di rilevanza nazionale. Il tutto all’interno di una vertenza sindacale già molto aspra che aveva portato al licenziamento, la scorsa settimana, di 14 fra redattori e redattrici.

«14 famiglie private di uno stipendio a tre giorni dal Natale», nota la Federazione nazionale della stampa che definisce queste uscite «illegittime e ingiustificate perché l’azienda ha perseguito ostinatamente questo obiettivo senza valutare alternative e respingendo ogni proposta dei sindacati».

I licenziamenti attivati dal nuovo amministratore delegato Stefano Pistilli per conto dell’editore Stefano Valore, sono arrivati dopo due anni di «contratti di solidarietà per aiutare i vertici aziendali a far quadrare i bilanci, stipendi a singhiozzo, attese di un piano di rilancio annunciato e mai realizzato», denuncia ancora la Fnsi. «La redazione paga le scelte strategiche sbagliate dell’azienda, come sempre gli editori pensano di sistemare i conti riducendo i dipendenti, ma non capiscono che sono i giornalisti con il loro lavoro il vero punto di forza: per uscire dalla crisi occorre un’informazione di qualità, non un ridimensionamento continuo», scrive il sindacato. «A tutto questo si aggiunge il fermo amministrativo che aumenta le incertezze all’interno della redazione», spiega Fnsi perché la Dire, così come altre agenzie di stampa, avrebbe dovuto contare per il 2024 sui contributi pubblici della presidenza del Consiglio che avrebbero potuto sanare la situazione e che invece ora si inserisce brutalmente nella vertenza.

Ieri, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria di Palazzo Chigi non ha potuto far altro che prendere «atto del fermo amministrativo disposto dal ministero e del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato» e procedere con la sospensione dell’ultima tranche dei contributi 2023 e dell’accesso alla procedura per l’elenco di rilevanza nazionale. Di «rabbia e preoccupazione» parla il comitato di redazione dei giornalisti della Dire che chiede l’immediato ritiro del «numero esorbitante» di licenziamenti. Uscite che, secondo il cdr, potrebbero nuocere alla «tenuta organizzativa delle redazioni e al mantenimento della qualità del lavoro che è stata sempre garantita, a costo di enormi sacrifici proprio per scongiurare eventuali licenziamenti di colleghi e per mantenere l’organico». La redazione, affiancata dalla federazione e le associazioni regionali di stampa, ha indetto 3 giorni di sciopero: il primo si è svolto ieri, gli altri saranno il prossimo 4 gennaio, in concomitanza con la conferenza stampa della premier, e l’8.

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