Dilili a Parigi
In sala Animazione sofosticata in un magico scenario
In sala Animazione sofosticata in un magico scenario
La pacata spettacolarità delle raffinate immagini colorate, sempre esaltate dalla proiezione su grande schermo, e l’atmosfera di fiaba che circonda anche la più realistica delle ambientazioni sono aspetti costanti del cinema d’animazione di Michel Ocelot. L’autore francese, dallo stile narrativo sobrio e dalla messinscena magica, presenta un filo di continuità riconoscibile seppur ogni sua opera sia un’esperienza nuova a sé. Per questo gli amanti del film animato d’oltralpe troveranno nel suo ultimo Dilili a Parigi un modo del raccontare conosciuto e rassicurante, ma allo stesso tempo una storia inedita per taglio, tecnica e collocazione.
Film d’apertura all’ultimo festival di Annecy, l’opera conferma la capacità di Ocelot di meravigliare con animazione sofisticata ed elegantemente innovativa. L’autore francese di Kirikù e la strega Karabà, incantevole film di formazione in salsa africana (per altro appartenente alle sue radici, visto che ha trascorso l’infanzia in Guinea), delle fiabesche novelle in silhouette di Principi e principesse, della parabola policroma deliziosamente esotica di Azur e Asmar, torna ad affascinare miscelando disegno animato con ambientazioni dal vero. Oltre alla regia e alla sceneggiatura infatti, Ocelot ha curato personalmente le immagini analogiche scattate della sua città e splendidamente armonizzate con le azioni disegnate. Ocelot ha scelto quindi Parigi questa volta, città in cui vive e lavora, come set per la sua storia favolosa, sempre con sguardo e sensibilità multiculturali.
Situata nella capitale d’oltralpe fra fine ‘800 e inizio secolo scorso, la storia ci cala pienamente nella Belle Époque con immagini stilisticamente contestualizzate. Per vie percorse da carrozze trainate a cavallo e signore elegantemente vestite fino ai piedi, la piccola protagonista Dilili dalla Nuova Caledonia si trova a Parigi in compagnia di Orel, un facchino su triciclo, per cimentarsi in un’inchiesta concernente misteriosi rapimenti di bambine. Nel corso della sua ricerca, incontra uomini e donne straordinari quali Monet, Picasso, Toulouse-Lautrec, Sarah Bernhardt e Madame Curie puntualmente annotati sul suo taccuino, che le danno aiuto, protezione e indizi. Si trova quindi sulle orme della segreta congrega dei malvagi Maschi-Padrone, quintessenza degenerata di un maschilismo malato già destinato alla sconfitta al volgere del secolo scorso. Alla loro tenebre sotterranea e schiavizzante si contrappone la luminosa lotta etica e culturale, agita con disarmante semplicità, dei due amici kanaki a favore della conoscenza, della libertà e della bellezza.
Temi caldi come l’immigrazione clandestina, i matrimoni misti e l’accettazione o meno sociale a seconda del colore della pelle –troppo chiara per una canaca, troppo scura per una parigina- scivolano dolcemente fra i dialoghi. Pur con qualche accento naif e cartolinesco che non inficia però la gradevolezza generale, compresa la visita guidata fotografica della Ville Lumière, Dilili à Paris conferma la persuasione poetica del maestro Ocelot.
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