Digitalizzazione, sostenibilità e democrazia
Internet Deve aumentare la consapevolezza dei 5 miliardi di utenti nella logica di una rivoluzione sostenibile e inclusiva
Internet Deve aumentare la consapevolezza dei 5 miliardi di utenti nella logica di una rivoluzione sostenibile e inclusiva
Affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti impone una modifica radicale dei modelli di sviluppo. Le modifiche devono comportare, in una ottica trans-disciplinare, la giusta considerazione degli impatti sull’ambiente.
Uno dei grandi temi per il nostro futuro è quello della transizione digitale, che non potrà continuare ad espandersi ai ritmi attuali senza trovare un equilibrio tra sviluppo, innovazione e protezione del pianeta.
La transizione digitale può dare un forte impulso alla transizione ecologica in quanto consente di realizzare applicazioni che riducono le emissioni di CO2 , a patto che si facciano i conti con le grandi quantità di energia che il digitale attualmente utilizza.
Tutti i dati che usiamo, che siano testi, immagini, file musicali o video, o i dati dei social, vengono immagazzinati su supporti fisici (server, router, switch, linee, ecc.) che nulla hanno a che vedere con l’evanescenza e l’immaterialità del cloud.
Nel suo complesso, internet è responsabile di circa il 7% del consumo energetico globale, ma quello che più conta è il suo tasso di crescita, che sfiora il 10% all’anno, dato presumibilmente destinato a crescere, ad esempio con l’avvento del 5G.
Sono due le linee di indirizzo necessarie per risolvere il problema. Da un lato l’utilizzo massivo e coerente delle fonti rinnovabili di energia.
Da questo punto di vista, i colossi del cloud come Google e Microsoft stanno provvedendo a individuare procedure e metodi carbon-free, e la speranza è che ciò avvenga in tempi rapidi. Dall’altro, puntare sull’aumento dell’efficienza dei data center (sono 10 milioni sul pianeta) e delle tecnologie e del loro utilizzo (si pensi agli streaming dei video), riducendo il traffico dati e quindi l’energia necessaria, a parità di uso dei software.
MA NON BASTA. OCCORRE AUMENTARE la consapevolezza degli utenti (oggi sono 5 miliardi) nella logica della rivoluzione energetica che prevede una responsabilità attiva degli individui nel corretto utilizzo e nella diffusione capillare delle tecniche di digitalizzazione per la riduzione dei consumi energetici. L’obiettivo deve essere quello di limitare le emissioni al di sotto di 10 grammi per chilowattora utilizzato. Semplificando, la digitalizzazione deve favorire la produzione da fonte rinnovabile e permettere una distribuzione mirata al momento giusto, nel posto giusto e al costo più basso. Uno dei vantaggi della digitalizzazione è quello di ridurre i consumi, per esempio con un appropriato uso dei sistemi di automazione e controllo per la gestione delle reti, o dei modelli di simulazione dinamica per «seguire» e «organizzare» i fabbisogni energetici di un edificio. Il settore energetico è stato uno dei primi ad adottare le tecnologie digitali, a partire dagli anni ’70, per il risparmio energetico con i sistemi di supervisione e controllo di edifici e impianti, anche per migliorare la sicurezza, l’affidabilità e l’efficienza.
GARANTIRE CHE L’ENERGIA sia consumata quando e dove è necessario, anche in modo predittivo rispetto al comportamento e all’ottimizzazione dei pacchetti da fornire agli utenti (ad esempio attraverso algoritmi di apprendimento che programmano automaticamente i servizi di riscaldamento e raffreddamento), è già uno dei compiti della digitalizzazione dell’energia. Un compito sempre più rivolto quindi verso l’utenza che, a sua volta, deve essere sempre più attiva e partecipe del processo: per le tecnologie intelligenti è necessaria una utenza intelligente.
L’UTENZA E’ CHIAMATA A PARTECIPARE alla formulazione di una domanda in modo da ottimizzare in maniera programmata i carichi di picco (spostando e coordinando ad esempio il tempo di utilizzo di un elettrodomestico), o per ridurre le richieste energetiche, o per immagazzinare energia in modo da utilizzare l’energia in momenti diversi a seconda della convenienza di prezzo. L’entità dei potenziali impatti di queste tecnologie variano notevolmente a seconda dell’applicazione specifica, che comunque può essere stimata in una riduzione dei consumi non inferiore al 10%, a volte anche superiore. La loro applicazione al settore degli edifici, ad esempio, è molto rilevante, settore che si riferisce a quasi un terzo del consumo globale finale di energia. Una caratteristica dell’uso di una energia digitalizzata è quello dei suoi costi limitati che permetterebbero tempi di ritorno degli investimenti ridotti, dell’ordine di pochi anni. Inoltre occorrerà uno sviluppo esteso di nuovi strumenti come la blockchain per organizzare il commercio di elettricità peer-to-peer all’interno delle comunità dell’energia, anche qui coinvolgendo il cittadino-utente.
PROPRIO PER QUEST’ULTIMO ASPETTO però, bisogna fare i conti con la sicurezza e la privacy. Rivoluzione energetica e rivoluzione digitale corrono su binari paralleli che si riferiscono a modalità di scambio delle informazioni, non più vendute a potenziali consumatori, ma viceversa rese disponibili a chiunque avesse necessità o desiderio di consumarle. Aumentando il numero delle informazioni e le interconnessioni tra individui, molti dei valori della società reale lasceranno il posto a quelli delle comunità virtuali, modificando relazioni e comportamenti. L’era della scarsità di informazioni «da comprare», diventa un’era di abbondanza di informazioni open-access.
MA NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE RILUCE. In un modello aperto a tutti, è importante garantire una rete neutrale, in grado cioè di essere utilizzata indistintamente e allo stesso modo da tutti, aspetto che include l’importanza di assicurare la riservatezza dei dati, non solo quelli sensibili, e la loro sicurezza. Sono questioni legate all’identità di un individuo, che non deve essere «trasferita a sistemi che ordinano secondo una propria logica le informazioni ricevute e proiettano all’esterno la loro rappresentazione della persona», come ha scritto Stefano Rodotà, per garantire un comportamento dignitoso in uno spazio che diventa sempre più pubblico.
GLI ALGORITMI DI GOOGLE DECIDONO la priorità delle informazioni quando si avvia una ricerca, definiscono desideri pseudo-personali allo scopo di stabilire relazioni economiche, suggeriscono scelte intervenendo sulle intenzioni, fino ad adeguare inconsciamente i nostri comportamenti ed accettare una identità che non è la nostra. La scienza dei Big Data, con tutti gli investimenti in termini di ricerca e sviluppo messi in campo, deve provvedere a risolvere questa opacità. Un primo aspetto riguarda la necessità di chiarezza sulla necessità che i dati non divengano in nessun caso uno strumento di controllo. Un altro aspetto riguarda invece la portata della diffusione dei risultati ottenuti dagli algoritmi e sulla garanzia di non poter ricavare da essi conoscenze per fini puramente commerciali o illeciti.
OCCORRE, ANCHE NEL SETTORE delle tecnologie digitali, circoscrivere ed escludere i beni ritenuti fondamentali da ogni azione di appropriazione, prevedendo invece una loro gestione collettiva o comunque partecipativa. In Energia per La Gente (Castelvecchi, 2021) al riguardo si ipotizza una condivisione digitale intesa come forma particolare del modello partecipativo, dove non è importante l’individuazione di un gestore dei dati, ma piuttosto delle loro condizioni d’uso. Solo se sarà possibile permettere una disponibilità dei dati (in questo caso informazioni) collettiva e una loro sottrazione alla logica del mercato, il meccanismo può funzionare. E sarà possibile assicurare la funzione sociale del dato di una persona, che significa preservare i diritti di quella persona, come l’identità, ed i suoi interessi, come quello del rispetto della vita privata, della riservatezza delle sue scelte, anche energetiche.
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