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Dietro quelle strisce spaziali c’è anche Piero della Francesca

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Fumetti "Flash Gordon" compie 80 anni. Creato da Alexander Raymond arrivò in Italia col settimanale per ragazzi «L’Avventuroso»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 31 maggio 2014

Oggi ricorrono 80 anni dall’uscita di uno dei più famosi elaborati nel campo dei fumetti. Si tratta di Flash Gordon, inventato e disegnato da Alexander Gillespi Raymond (detto semplicemente Alex Raymond), nato nei pressi di New-York il 2 ottobre 1909 e morto il 6 settembre del 1956 a seguito di un incidente automobilistico.

Ottanta anni fa usciva a fare bella mostra nella prima pagina de L’Avventuroso, settimanale per ragazzi edito dalla Casa Editrice Nerbini di Firenze, la prima puntata con le avventure di Flash Gordon e subito fu un grande successo, un improvviso incremento di copie e perciò di lettori. Ai ragazzi di quegli anni questa uscita destò tanto stupore che proprio per la presenza di questo straordinario eroe di carta, si dette il via al collezionismo per potersi rileggere e guardare con comodo quelle meravigliose pagine realizzate con colori forti e smaglianti. Tanto è vero che, a distanza di intervalli di tempo, il pubblico di vecchi lettori ha espresso la necessità di stampare edizioni reprint per poter avere la possibilità di rigustare la lettura di quelle avvincenti storie. Dal dopoguerra sono state pubblicate ben tre edizioni delle storie di Gordon, che hanno soddisfatto la grande attesa da parte di chi le conosceva dopo la prima edizione. Poi, in tempi più recenti, sono state date alle stampe altre due edizioni più raffinate e più curate tipograficamente: una ad opera della Comic Art di Rinaldo Traini (Roma) dove, fra l’altro, si pubblicavano quelle vignette che erano state ritenute offensive alla morale corrente perciò censurate alla prima uscita, e l’altra da parte del Club Anni Trenta di Genova coordinata da Silvano Scotto.

Insomma, si può dire che Flash Gordon, dopo 80 anni, sia sempre vivo. D’altra parte c’è da tenere presente che il fumetto (o il comic) è arrivato oggi a un punto tale da essere considerato non più attività artigianale (come lo riteneva il compianto Oreste Del Buono) ma addirittura moderna forma d’arte. Specie se si considera che anche il mezzo cinematografico si è orientato nel settore del fumetto nel portare sullo schermo il personaggio che già aveva acquistato in notorietà e in espressione non solo spettacolare. È da segnalare che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, due generi di film diversi l’uno dall’altro hanno svolto questo compito: uno realizzato con le tecnica dell’animazione intitolato Flash Gordon per la regia di Wetzler Gwen e l’altro, sempre con lo stesso titolo, prodotto da De Laurentis ma di nazionalità americana, per la regia di Mike Hodges.

Naturalmente in questa operazione sono stati rispettati i dati fisionomici definiti da Raymond. Per esempio il ruolo di Flash Gordon è stato affidato alla persona di Sam Jones, atletico, alto, nerboruto dai bei lineamenti. Per Dale, la donna di Gordon, il ruolo è stato affidato a Melody Anderson, la figura di Aura ad Ornella Muti, quella di Kala a Mariangela Melato, quella del despota Mingh a Max von Sydow: tutti personaggi scelti per la loro straordinaria somiglianza con l’originale di Raymond.
Il cinema, in certi casi, può solo funzionare come fattore di ordine pubblicitario per rendere l’edizione per lo schermo un’operazione che contribuisce a tenere alte le presenze in sala. Per altre ragioni non vi può essere nessuna attinenza perché si tratta di due mezzi la cui specificità è assai diversa. Mentre il cinema gode della prerogativa che, pur trattando temi di fantascienza – perciò lontani della raltà – sarà sempre un’operazione rappresentata dall’uomo (che è il dato della realtà). Per cui, nel caso del fumetto, lo specifico è la libertà della rappresentazione. Poi c’è l’aspetto della colonna sonora, del parlato.

Nel fumetto, leggendo il balloon diamo noi stessi la voce a quelle figure per cui, nel caso del film, ogni voce che sentiremo, ci sembrerà estranea.

Semmai se un’attinenza esiste tra queste due linee di indagine, essa si manifesta nell’ambito dell’arte figurativa. Dunque fumetto e pittura. Tutti e due i procedimenti partono dal principio secondo cui il regista abbia una certa sensibilità nei confronti dell’immagine; che essa non sia avulsa da quelle teorie che mirano a realizzare il manufatto con le regole della simmetria e della disposizione di oggetti sulla scena in modo equilibrato e che non vi siano elementi anomali che possono sbilanciare l’equilibrio dell’insieme.

Intanto il suo procedere raccontando non concede nulla al riposo, alla sosta, all’intervallo (sue sono le avventure, oltre quelle di Gordon, di Jim della Giungla, l’Agente segreto X9, Cino e Franco e, infine, Rip Kirby). Tutte storie basate su un incalzante succedersi di avvenimenti e di complicate situazioni che contribuiscono a rendere disinvoltamente seguibile il racconto puntata per puntata.
Si è sostenuto, in altre occasioni, quanto il fumetto di qualità sia sorretto da una cultura visiva particolarmente accentuata. Vale a dire che a questo disegnatore, proprio per la dimestichezza per quanto riguarda l’arte figurativa, si rende sensibile ad apprezzare tutto ciò che concerne l’aspetto tecnico nella fase realizzativa.

Intanto si deve dire che, una volta accertato il pregio delle avventure di Gordon con la valorizzazione dell’immagine realizzata non più a quadretti in successione ma in una composizione libera da realizzare nell’ambito della intera pagina, tutto ciò si presta meglio per arricchire il disegno di dettegli significativi e, in certi casi, di renderlo addirittura pregevole e raffinato.

Proviamo a fare un esempio. Nel raccontare le vicende di Gordon capitato nella Setta degli Straccioni (un episodio pubblicato per la prima volta in America dal 16 gennaio 1938 al 14 aprile 1938, riproposto da Nerbini con L’Avventuroso n. 89 del 22 maggio 1938), vediamo come l’incontro del nostro eroe con il gruppo di amici di quella Setta viene realizzato da Raymond. Si festeggia l’avvenimento.

Intanto si deve dire che l’insieme ha una struttura piramidale con soggetto al centro e due ali di persone, di eguale «densità» degradanti ai lati. Il vertice dell’angolo isoscele A-B-C coincide con il bicchiere alzato in segno di brindisi esattamente sopra la testa dell’uomo bendato (il Conte Bulok). L’altezza della linea che parte dal bicchiere alzato e si congiunge con la base O’-O” passa per il baricentro su cui è costruita la figura di Gordon, mentre negli angoli del triangolo A-O”-B vi sono, in perfetta simmetria (a denotare la musica e il rumore della ciotola versata) i due suonatori occupati in una esecuzione musicale.

Anche la linea di fuga del pavimento, regolarmente ad opus incertum contribuisce a richiamare la composizione alle regole tipicamente rinascimentali del principio prospettico di armonia e di simmetria.
Vi è poi all’interno di questo complesso di persone un movimento interno dovuto all’andamento delle braccia del gruppo centrale.

Partendo dal grande boccale che tiene penzoloni con la mano destra uno di loro, con la mano sinistra, si appoggia alla spalla di Gordon. Da quel punto l’itinerario immaginario continua con il braccio di Gordon teso a dare la mano ad un tizio (che fa pendant con quello della brocca) il quale, con la mano sinistra indica un movimento in avanti esattamente su un piano perpendicolare a quello della rappresentazione.

Il varco sullo sfondo con la tenda tesa a metà, accentua la centralità della composizione dando all’insieme un maggior senso di verticalità.

Detto questo non si può non addivenire ad una conclusione secondo cui il grande Raymond non può non aver avuto presente una cultura dovuta all’arte del Rinascimento: quella di Piero della Francesca o di Masaccio prima, quindi di averla assorbita per riproporla (magari allo stato di subconscio) in un innocente (ma non tanto) suo fumetto che può diventare con altri esempi (vedi Guido Crepax, Hugo Pratt, Milo Manara, Alarico Gattia, ecc.ecc.) una materia da affrontare sul piano non più dell’attività artigianale ma su quello, più impegnativo, dell’arte.

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