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Dieta mediterranea questa sconosciuta

Dieta mediterranea questa sconosciuta

Alimentazione Sabato prossimo la buona tradizione alimentazione compie 14 anni dal riconoscimento Unesco ma il suo consumo è in crisi d’identità: i giovani la ignorano

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 14 novembre 2024

Sabato 16 novembre la Dieta mediterranea (DM) celebrerà il quattordicesimo anno dal riconoscimento Unesco quale patrimonio immateriale dell’umanità. Negli ultimi mesi si è molto discusso sull’opportunità di utilizzare il termine Mediterranea da parte di un gruppo di associazioni agricole e dell’industria alimentare, accusati di «sterilizzare» un patrimonio di eccellenze alimentari e andare «contro i principi della dieta» (E. Prandini, Vi spiego perché critichiamo Mediterranea, Alimentando, 7.6.2024). D’altra parte, recentemente è stato pubblicato uno studio sull’aderenza alla dieta (indagine Arianna) dei consumatori italiani, molto bassa (5%), che dimostrano chiaramente che questa dieta non è praticata (Istituto Superiore di Sanità, Sanità Informazione, 15 ottobre 2024). La diminuzione dell’aderenza alla Dieta Mediterranea è direttamente correlata all’aumento dei tassi di obesità e sovrappeso in Italia. Nel 2021, il 36,1% degli adulti italiani era in sovrappeso e l’11,5% obeso. La situazione è particolarmente allarmante tra i bambini e gli adolescenti: il 19% dei ragazzi di età compresa tra 11 e 17 anni è in sovrappeso, e il 4,4% obeso (Istat).

IN UNO SCENARIO DI QUESTO TIPO con l’Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero, che in più rilevazioni ha riportato lo spreco proprio degli alimenti alla base della Dieta mediterranea cioè frutta e verdura, ci siamo chiesti lo «stato dell’arte» (i rapporti e la relativa metodologia sono scaricabili qui: www.sprecozero.it). Partendo da una premessa: la DM non è una lista di eccellenze alimentare né tanto meno una tabella o piramide nutrizionale, «ma – precisava l’Unesco nel 2010 – come uno stile di vita che include una serie di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni legati alla coltivazione, alla raccolta, alla pesca, all’allevamento, alla conservazione, alla cucina e soprattutto alla condivisione e al consumo di cibo. La cultura dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività si coniugano con il rispetto del territorio e della biodiversità, creando un forte senso di identità culturale e di continuità delle comunità nel bacino Mediterraneo».

NONOSTANTE IL RICONOSCIMENTO Unesco sia condiviso con altri sei Paesi, è proprio in Italia nel Cilento il luogo simbolo dello stile di vita patrimonio dell’umanità, dove lo studioso americano Ancel Keys, negli anni ’60, teorizzò i suoi studi sul mangiar sano all’italiana salvaguardando l’ecosistema. Quattordici anni dopo, cosa è rimasto, in Italia, di questa tradizione distintiva per il nostro Paese? Prendendo a prestito il titolo del libro di Vito Teti (Treccani 2024) e mettendolo in forma interrogativo ci dobbiamo chiedere: la DM è una realtà, un mito o un’invenzione?

OGGI I GIOVANI NON SOLO FATICANO a praticare la DM: spesso neppure la riconoscono. Sembra effettivamente che nel nostro Paese non sia questo il modello nutrizionale di riferimento per le nuove generazioni. Solo il 23% dei giovani tra i 18 e i 24 anni – quasi uno su 4 – si allinea a questo stile alimentare, definendola però, imprecisamente, «un regime alimentare che prevede un consumo elevato di carne, pesce e latticini, con un ridotto apporto di carboidrati». Va meglio in altre fasce anagrafiche, il 77% di chi ha fra 55 e 64 anni la riconosce come «uno stile di vita che include abitudini alimentari equilibrate, basate su olio d’oliva, cereali, frutta, verdura, pesce, carne moderata, e il rispetto della stagionalità e della biodiversità».

COMPLESSIVAMENTE, IL 72% DEGLI INTERVISTATI dimostra di avere una comprensione adeguata della dieta, ma a praticarla sono soprattutto i più anziani, che ne fanno quasi una regola di vita: la segue infatti l’85% di chi ha oggi 65 anni, o più, e il 71% afferma di praticarla «sempre» o «spesso». Tuttavia, 1 italiano su 3 sembra seguirla a modo suo, affermando che la sua famiglia ha adottato «uno stile alimentare mediterraneo, con pasta e pizza». D’altra parte, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, solo il 5% della popolazione adulta italiana segue rigorosamente questo modello alimentare. La maggior parte (83,3%) presenta un’aderenza moderata e solo il 4% degli intervistati si dichiara «attento alla sostenibilità», dimostrando così una attenzione generalmente labile a un valore urgente del nostro tempo. Fra chi ha una definizione corretta della DM il 75% la segue regolarmente, contro il 60% di chi ne ha una percezione errata: una conoscenza precisa sembra quindi incentivare l’adozione di questo stile alimentare.

MA QUALI SONO LE RAGIONI DI RESISTENZA all’adozione della DM? Le principali barriere sono i costi elevati dei cibi freschi (42%) e la mancanza di tempo per predisporre i piatti (27%), indicazioni che salgono in modo significativo fra i giovani: è troppo costosa per il 50% dei 18-24enni e fa perdere troppo tempo per il 38% dei giovani. Ma ricerche condotte dal team dell’Osservatorio Waste Watcher sul costo della spesa dimostrano che Il carrello settimanale della dieta mediterraneo costa ben 7,28 € in meno rispetto al carrello della dieta seguita degli italiani (46,27 euro vs. 53,55 euro). E in generale gli ingredienti freschi, come frutta e verdura di stagione, cereali, legumi e olio d’oliva, sono spesso più economici rispetto ai prodotti più elaborati. Mentre l’aspetto delle abitudini alimentari consolidate, che riguarda 1 italiano su 4 (il 26% degli intervistati) (tabella 13 rappresenta un ostacolo sia per i più giovani sia per gli anziani, indicando una resistenza al cambiamento su entrambi i fronti generazionali.

LA PERDITA DI UN PATRIMONIO CULTURALE e alimentare, qual è la DM, sarebbe un danno gravissimo per le future generazioni. I giovani sembrano tuttavia divisi in due fazioni che corrono su binari paralleli. In uno abbiamo coloro che hanno perso la percezione del valore del cibo e degli effetti della dieta su ambiente e salute, sull’altro abbiamo i giovani che abbracciano i valori della dieta sostenibile sia per la propria salute che per quella dell’ambiente. Per affrontare tutte le percezioni infondate, è fondamentale investire nell’educazione alimentare, chiarendo che la DM non solo è accessibile ma anche sostenibile.

*professore di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile, Università di Bologna, direttore scientifico dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero

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