Di Maio: stop incentivi. Whirlpool: il sito di Napoli resta aperto
Lavoro L’azienda nega di voler chiudere. Operai in presidio giorno e notte: «Giusto che non prenda soldi, ma l’obiettivo è che rispetti gli accordi»
Lavoro L’azienda nega di voler chiudere. Operai in presidio giorno e notte: «Giusto che non prenda soldi, ma l’obiettivo è che rispetti gli accordi»
Tutti schierati davanti l’arco del Maschio Angioino, gli operai Whirlpool di via Argine ieri pomeriggio intonavano il coro «Abbiamo un sogno nel cuore / Napoli torna al lavoro» come fossero allo stadio San Paolo. Oggi al ministero dello Sviluppo economico Luigi Di Maio avrà un nuovo round con azienda e sindacati per scongiurare il disimpegno della proprietà statunitense dal sito partenopeo, 430 lavoratori diretti più l’indotto. Di Maio ieri mattina è partito all’attacco: «Firmerò una direttiva che revoca gli incentivi alla Whirlpool. Perché se prendi i soldi dello stato non è che poi te ne vai». Un video sui social lo mostra mentre firma gli atti di indirizzo per gli uffici del ministero del Lavoro, dello Sviluppo economico e Invitalia: «Al tavolo spero possano venire a più miti consigli. È finita l’epoca del Bengodi, chi viene in Italia deve sottostare alle regole italiane». Alla Whirlpool Di Maio ricorda la cifra incassata dall’acquisizione dei marchi Indesit dalla famiglia Merloni: «Dal 2014 a oggi hanno preso 50 milioni e continuano a dire che si vogliono disimpegnare da Napoli».
LA REVOCA DOVREBBE riguardare una tranche da 15 milioni, ma come fare non è chiaro e lo stesso Di Maio ammette: «Verificheremo fino all’ultimo euro che potremo toglierli». Si tratta di una partita due volte importante: uno degli impegni presi dal ministro è bloccare le delocalizzazioni. Inoltre, la firma sul piano Whirlpool l’ha messa lo stesso Di Maio appena sette mesi fa. Le opposizioni lo accusano di non aver vigilato mentre la revoca dei fondi non garantirebbe comunque i posti di lavoro. Non sono tranquilli a Caserta (dove si smistano i ricambi) né a Siena, dove i 335 lavoratori sono in contratto di solidarietà, e neppure nelle Marche: «Quello che sta accadendo a Napoli può accadere in altre sedi. I dipendenti hanno bisogno di risposte», hanno spiegato i parlamentari 5 Stelle di Fabriano, Patrizia Terzoni e Sergio Romagnoli.
La Whirlpool ieri ha replicato: «L’azienda non ha mai proceduto alla disdetta dell’accordo. In linea con il piano di ottobre, non intende chiudere il sito di Napoli ma è impegnata a trovare una soluzione che garantisca la continuità industriale e i massimi livelli occupazionali, riconfermando la centralità dell’Italia e la volontà di lavorare a una soluzione condivisa». La nota è arrivata mentre a Napoli si riuniva un consiglio comunale straordinario nel Maschio Angioino con lavoratori e sindacati. «La Whirlpool gioca con le parole – il commento degli operai -. Ha deciso di venderci, dieci giorni fa i compratori non c’erano, lunedì erano diventati una decina. Avevano detto lo stesso per Caserta: in quattro anni la reindustrializzazione promessa ha assorbito 15 operai più altri 60».
I LAVORATORI DI NAPOLI presidiano la fabbrica dal 31 maggio giorno e notte. «È giusto che Whirlpool non abbia soldi italiani per andarsene, ma il nostro obiettivo è che rispetti il piano industriale» è la posizione di Francesca Re David, segretaria generale della Fiom. L’azienda giustifica la sua decisione con il calo delle vendite. Ribatte Antonio Accurso, segretario regionale della Uilm: «Le difficoltà sono le stesse che a ottobre aveva garantito di affrontare con gli investimenti e con il concentramento di tutte le lavatrici alto di gamma a Napoli». Sono ancora gli operai a spiegare: «È grazie al piano di ottobre, con Napoli inclusa, se hanno avuto altri due anni di ammortizzatori sociali. Whirlpool ha fatto 40 milioni di investimenti nel sito di via Argine. Come? Hanno anticipato i soldi e poi li hanno recuperati sulla produttività, cioè li abbiamo fatti noi operai. Dovevamo produrre la lavatrice di design del futuro: il progetto coordinato a Fabriano, il prototipo fatto a Napoli, la produzione è sparita. Oppure è all’estero».
I segretari generali Cgil, Cisl e Uil di Napoli hanno ricordato. «Quando sentiamo parlare di ’riconversione’ e di reindustrializzazione pensiamo alle promesse di cui è lastricata la via che ci ha condotto al deserto industriale». E il sindaco Luigi de Magistris: «Chiunque pensi di declinare la questione come ammortizzatori sociali o come tema di ordine pubblico, sappia che non è così. In strada troverà tutti, sindaco e consiglio comunale inclusi».
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