Questa mattina Luigi Di Maio si presenterà a Roma alla stampa in una sala alle spalle di Porta Pia, assieme agli esponenti del nuovo gruppo che il M5S intende formare in Europa dopo le elezioni di maggio. Si vedrà se, e in che forma, ci saranno i gilet gialli e come si definiranno alcuni dettagli della partita che con ogni probabilità ridefinirà gli equilibri di forza del governo gialloverde e misurerà lo stato di salute della leadership del «capo politico» grillino.

A partire dal suo rapporto con Davide Casaleggio, perché se è vero che Di Maio ha annunciato riforme e modifiche ad alcune delle regole fondamentali del M5S promettendo di sottoporle alla piattaforma Rousseau, in pochi hanno dubbi sul fatto che il Movimento 5 Stelle 2.0 disegnato dal vicepremier attenui di molto la centralità dell’infrastruttura telematica di Casaleggio. Ciò avviene per motivi funzionali: Di Maio ha bisogno di formalizzare il ruolo di alcuni luogotenenti sui territori che fungano da ufficiali di collegamento per meglio governare il M5S. Non occorre un organismo giustapposto, che rischierebbe di replicare il fallimento del Direttorio, ma una struttura più ramificata che darebbe vita a quelli che la distopia tecnocratico-digitale di Rousseau aborrisce: i corpi intermedi.

Ma il fatto che Di Maio mini alcune fondamenta della cattedrale telematica grillina ha anche ragioni molto più prosaiche: accattivarsi la simpatia degli eletti. Pare che molti dei 300 parlamentari comincino a trovare invasiva e poco pratica la piattaforma. Il malcontento si manifesta anche a proposito delle restituzioni di parte dello stipendio. Secondo l’AdnKronos una decina di eletti avrebbero rifiutato di caricare i propri dati sensibili sul sito tirendiconto.it, gestito dall’Associazione Rousseau di Casaleggio, per motivi legati alla tutela della privacy. «Restituisco ciò che mi sono impegnata a versare – dice la deputata Gloria Vizzini – Ma assolutamente non nelle forme imposte e decise non si sa bene da chi». Toni e merito della protesta sarebbero stati impensabili fino a poco tempo fa. Ora sono parte di un clima che attraversa i parlamentari 5S, tenuti tra l’altro a versare 300 euro al mese proprio alla struttura gestita da Casaleggio.

Resterebbe in piedi l’altro pilastro del sistema Casaleggio dentro il M5S, che ha che fare col nodo cruciale della comunicazione e avamposto creato dalla Casaleggio nei Palazzi. Accanto a Giuseppe Conte c’è sempre Rocco Casalino, che alla presentazione della legge sul reddito di cittadinanza non ha trattenuto le lacrime quando sul maxischermo sono passate le immagini di Gianroberto Casaleggio. E alla presidenza del consiglio lavora Pietro Dettori, che con Davide Casaleggio gestisce l’Associazione Rousseau. Da lui sarebbero venute critiche all’esuberanza comunicativa del redivivo Di Battista, considerato poco efficace nel fornire tranquillizzanti illustrazioni sui risultati del M5S di governo.

Ogni volta che deroghi ad una norma la cancelli» diceva sempre Gianroberto Casaleggio per sottolineare la rigidità delle regole che aveva fissato. Ma adesso che la realpolitik impone gesti pragmatici e flessibilità, i capi del M5S sembrano averlo dimenticato.