Di Maio: «Ilva fu un pasticcio»
Ilva Il vicepremier pentastellato parla in un’aula semivuota delle criticità sulla gara espresse dall’Anac e azzera la trattativa con Mittal
Ilva Il vicepremier pentastellato parla in un’aula semivuota delle criticità sulla gara espresse dall’Anac e azzera la trattativa con Mittal
La vendita di Ilva torna in discussione. La ragione è grave: la procedura di bando con cui il gruppo siderurgico è stata ceduto a AmInvestCo, guidata dagli indiani di Arcelor Mittal, è viziata da «varie criticità» rilevate dall’Anac, l’autorità anti corruzione guidata da Raffaele Cantone. Criticità che portano il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio ad aprire un’indagine interna al ministero – chiamando in causa la gestione del suo predecessore Carlo Calenda – e a sostenere in Parlamento che «l’offerta di Acciaitalia, la cordata alternativa risultata perdente era migliore».
A due anni dall’aggiudicazione della gara il futuro dei 14mila lavoratori e dei cittadini di Taranto torna dunque in alto mare. Giovedì sera l’Anac ha risposto alla lettera con cui il Mise – su segnalazione del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano – ha sollevato sospetti sulla procedura di aggiudicazione. Le «criticità rilevate» da Cantone riguardano i tempi del piano ambientale cambiati più volte in corsa e allungati con un accordo post assegnazione tra Mittal e l’allora ministro Calenda, la mancanza della possibilità di rilanciare per la cordata perdente (cosa che Acciaitalia fece, ma non fu considerata) e la mancanza di concorrenza derivata da condizioni troppo stringenti all’inizio, poi diluite con Mittal. L’Anac ha solo dato un parere, non ha fatto un’inchiesta e per questo Cantone ha sostenuto che la decisione di bloccare la vendita debba essere presa dal governo.
«L’offerta della cordata guidata da Jindal era la migliore, ma nel bando metà del punteggio era dato al prezzo» e non al piano ambientale e alla salute. Per questo è stata scelta Arcelor», ha attaccato Di Maio. Nella procedura di gara per la cessione dell’Ilva, secondo il ministro, «è stato leso il principio della concorrenza: la procedura è stato un pasticcio, le regole del gioco sono state cambiate in corsa. Se la procedura fosse stata corretta ci sarebbero state molte più offerte e tutte migliori, anche quella di Arcelor».
Le domande per il bando dovettero arrivare entro il 5 gennaio 2016, ma a quel tempo si prevedeva che il piano ambientale si dovesse attuare entro il 31 dicembre dello stesso anno. All’apertura delle buste, a fine giugno, invece il termine di attuazione del piano ambientale era stato posticipato, prima di 2 anni e ora al 2023. Per non parlare dei vari decreti e autorizzazioni ambientali (Aia) che hanno derogato ai limiti di inquinamento e concesso a Mittal una sorta di immunità penale fino al 2023. Di Maio ha risposto a una interpellanza urgente su Ilva davanti ad una Camera praticamente deserta, anche nei banchi della maggioranza.
Il tutto mentre Mittal stava presentando una nuova offerta migliorativa, come confermato da Di Maio («Nelle prossime ore dovrebbe arrivare una controproposta»), che dunque non chiude all’ipotesi di accordo col colosso franco-indiano. In caso di annullamento della gara infatti il rischio di una richiesta di danni da parte degli acquirenti in pectore potrebbe mettere a rischio la stessa sopravvivenza di Ilva, da 5 anni in gestione commissariale.
Il vicepremier ha annunciato che chiederà «subito chiarimenti ai commissari» su tutta la vicenda e avvierà «un’indagine all’interno del ministero». Inoltre Di Maio chiederà «subito un parere all’Avvocatura dello Stato. Non possiamo continuare a fare finta di niente» e «intendiamo andare fino in fondo per fare chiarezza». Alle sue dichiarazioni ha risposto subito Carlo Calenda, parlando di «beata menzogna».
A Calenda risponde però la Fiom. «Abbiamo sempre denunciato la mancanza di trasparenza in diversi passaggi dell’operazione di vendita dell’Ilva, a partire dal contratto. Molti documenti ci sono stati negati, malgrado le nostre richieste. Questa mancanza di trasparenza non ha consentito mai, nei fatti, l’avvio di una trattativa reale», attacca la segretaria generale Francesca Re David. Come Fim e Uilm anche la Fiom chiede al governo di fare presto. La proroga della vendita a Mittal è fino al 15 settembre e nel frattempo la gestione commissariale continua a perdere soldi e non garantire la sicurezza sul lavoro. «La Fiom è interessata alla ricerca della soluzione migliore, nel pieno rispetto della legalità e delle osservazioni dell’Anac, dal punto di vista industriale, ambientale e occupazionale, oltre alla salvaguardia della salute. Bisogna che il governo garantisca la continuità produttiva in attesa di una decisione in merito. Il ministro Di Maio convochi al più presto le organizzazioni sindacali perché i lavoratori non possono apprendere le notizie dalla stampa», conclude Re David.
Cosa succederà ora? La possibilità che Acciaitalia – cordata formata da Jindal, Cassa depositi e prestiti, la acciaieria italiana Arvedi e la finanziaria di Del Vecchio, patron di Luxottica – si riaggreghi è altamente improbabile, anche perché nel frattempo Jindal ha comprato la ex Lucchini di Piombino con un investimento molto inferiore ma cospicuo.
Più probabile che Di Maio utilizzi questa spada di Damocle sulla testa di Mittal per spuntare condizioni migliori sotto l’aspetto ambientale (copertura dei parchi e bonifiche più veloce), tecnologico (uso dei forni elettrici e della gassificazione meno inquinante) e soprattutto occupazionali, avvicinando la completa riassunzione con 14mila addetti che significherebbe «esuberi zero» come chiesto da tutti i sindacati.
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