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Di Maio: «Il M5S al governo si è evoluto»

Di Maio: «Il M5S al governo si è evoluto»

Cinque Stelle L’ex capo politico lancia segnali alle assemblee regionali degli Stati generali. Di Battista, inviso a molti eletti, alla prova della base

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 1 novembre 2020

«Il Movimento 5 Stelle in questi anni si è evoluto, quindi è normale che tutti debbano essere disposti a cambiare», dice Luigi Di Maio alla festa del Foglio. Si rivolge palesamente a Davide Casaleggio, che trattiene i 5 Stelle alle loro origini, e rivendica la necessità di assumere un profilo di governo dal momento che «il fatto di trovarci nella posizione di prendere decisioni che cambieranno l’Italia per i prossimi venti anni non ci ha reso diversi, ma sicuramente ci ha imposto maggiore consapevolezza».

DI MAIO RIVENDICA di essersi dimesso otto mesi fa dal vertice del M5S per vedere all’opera «quelli che sapevano cosa fare» e per questo adesso dice di non vedere l’ora di partecipare agli Stati generali. Mentre parla si sta svolgendo il secondo giro di assemblee territoriali che condurrà all’evento nazionale, in videoconferenza, del 14 e 15 novembre. Non è un passaggio scontato: una settimana fa, in occasione delle riunioni provinciali, tutti i circa ottomila iscritti alla piattaforma Rousseau che si erano registrati per partecipare agli incontri avevano tre minuti di tempo per dire la loro.

Nella maggior parte dei casi risulta che il dibattito si sia svolto senza un criterio, come semplice sfogatoio di una parte della base (gli iscritti totali a Rousseau sono almeno 115 mila). Da qui la difficoltà, se non l’impossibilità, di fare una sintesi dei lavori da consegnare alle assise nazionali.

D’altro canto, le assemblee regionali che cominciano oggi devono servire anche a eleggere i trecento delegati (divisi in parti uguali tra parlamentari, amministratori locali e attivisti)che parteciperanno all’incontro nazionale. Da questa scelta sarà possibile trarre qualche indicazione politica in più sul Movimento 5 Stelle del futuro.

GLI ELETTI, SOPRATTUTTO i parlamentari, sembrano essere d’accordo sulla necessità di «evolvere» verso qualcosa che assomiglia di più ad un partito. Come è noto, i principali avversari di questa linea (che è sostenuta nei territori soprattutto dalla corrente «Parole guerriere», che ha inglobato molti dei grillini vicini a Roberto Fico) sono Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio.

Entrambi, in forme diverse, hanno provato a delegittimare gli Stati generali, nel caso di Di Battista chiedendone il rinvio e in quello di Casaleggio contestandone le regole. In questi giorni salta agli occhi è che il Blog delle stelle (che è gestito dall’Associazione Rousseau e che dovrebbe essere da statuto l’organo ufficiale del M5S) non abbia mai linkato il sito www.statigeneralim5s.it, che è non passa per gli uffici milanesi della sua società.

DIBBA E CASALEGGIO non hanno grande seguito tra i parlamentari, che li vedono nella maggior parte dei casi come corpi estranei impegnati a perseguire battaglie personali. L’elezione dei delegati servirà a capire fino a che punto la base è con loro, e se c’è scollamento tra gli eletti e quel che rimane degli attivisti. Da quello che trapela, ad esempio, l’ex deputato romano sarebbe andato bene in Piemonte e nelle Marche.

Le sue posizioni, contrarie ad ogni alleanza «strutturale» col Pd vn o lette soprattutto alla luce degli equilibri locali, solo in seconda battuta investono la maggioranza che sostiene Conte. Riecheggiano nelle parole di Rosa Barone, consigliera regionale pugliese, rilanciate dal M5S della sua regione: «Per me serve un terzo polo, con una propria identità, distante dalle altre forze politiche – dice Barone – Siamo ancora e profondamente diversi: con questa sicurezza dobbiamo andare avanti».

IN CALABRIA la tendenza pare tutt’altra. Qui si dovrebbe votare per le regionali alla prima finestra utile dopo la morte della presidente Jole Santelli. Trapelano notizie di incontri preventivi col Pd per una candidatura comune e si chiedono strutture territoriali per supportare la campagna elettorale.

Per Casaleggio sezioni e sedi locali significano soldi e dunque abbandono dell’organizzazione liquida che ha garantito centralità alla piattaforma digitale. La partita principale, a proposito delle amministrative di primavera, è quella di Roma. Di Maio su questo fornisce indicazioni ambivalenti: assicura appoggio a Virginia Raggi ma si dice convinto che andranno costruite alleanze preventive. Ecco un altro nodo che gli Stati generali dovranno contribuire a sciogliere.

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