La bomba nel M5S esplode a scoppio ritardato. Il primo a fare fuoco (amico?) è Luigi Di Maio, che ieri (dopo 4 giorni dalle urne) ha chiamato a raccolta i cronisti per sparare su Giuseppe Conte: «Alle elezioni amministrative non siamo andati mai così male. Credo che bisogna assumersi delle responsabilità rispetto ad una autoreferenzialità che andrebbe superata».

E ancora, sul rapporto con palazzo Chigi: «Non credo che possiamo stare nel governo e poi, per imitare Salvini, un giorno sì ed uno no, si va ad attaccarlo». Terzo: «Sono inopportune decisioni che disallineino l’Italia dalle proprie alleanze storiche come la Nato. L’Italia non è un Paese neutrale». Quarto: «Credo che M5S debba fare un grande sforzo nella direzione della democrazia interna: nel nuovo corso servirebbe più inclusività, anche a soggetti esterni».

SULLA DEMOCRAZIA interna al Movimento: «Lo dico a voi perché non esiste un altro posto dove poterlo dire», dice ai cronisti. In conclusione, un’altra mazzata: «Noi che siamo una forza politica che guarda al 2050 poi in realtà guardiamo al 2018: quello era un altro mondo. Ora c’è una radicalizzazione in corso che anche rispetto alla politica estera e alle alleanze storiche vede un’ ambiguità su cui io non concordo».

DI FATTO, UNA LINEA POLITICA opposta a quella di Conte. Che reagisce a caldo: «Quando era leader Luigi Di Maio come organismo del M5s c’era solo il capo politico: che ci faccia lezioni di democrazia lui oggi fa sorridere». E comunque, «se voleva poteva chiamarmi, ma il mio telefono non ha mai squillato. Aggiunge Conte: «Dire che la posizione del M5S è anti-atlantista, fuori dalla Nato, che mette in difficoltà il governo significa dire stupidaggini. Non abbiamo mai messo in discussione la nostra collocazione atlantica, la nostra vocazione europeista».

Intervistato in serata a Bologna a Repubblica delle Idee, Conte è ancora più esplicito. «Imitare Salvini? Questa è una grave offesa a tutta la comunità a cui appartiene il ministro degli Esteri. Scopro oggi che non condivide una linea votata all’unanimità che prevede il no al riarmo e ad una escalation militare» «E mi colpisce- aggiunge Conte con una punta di veleno- che il ministro tiri fuori beghe interne al M5S mentre Draghi è a Kiev. Così rischia di indebolire il governo, di sporcare il viaggio del premier».

CONTE LO DICE esplicitamente: il suo sospetto è che gli attacchi di Di Maio (seguiti a ruota da una dozzina di parlamentari suoi fedelissimi) siano una conseguenza della votazione tra gli iscritti sul tetto dei due mandati per gli eletti che Conte intende svolgere entro fine mese. «Capisco la fibrillazione, evidentemente qualcuno è preoccupato per interessi personali…». E sulla sconfitta nelle città: «Mi sono assunto la responsabilità e ho girato tutta Italia. Non sono stato solo in due comuni campani…». Ma che vuol fare Luigi? «Se vuole fare un altro partito ce lo dirà lui in queste ore».

QUANTO ALL’UCRAINA, Conte ribadisce di «non voler mettere in difficoltà l’esecutivo». E di non voler presentare una risoluzione autonoma in occasione del dibattito alle Camere con Draghi il 21 giugno, tema su cui Di Maio ha voluto lanciare un pesante altolà. «Noi vogliamo lavorare con le altre forze e far sì che la nostra posizione prevalga: bisogna impegnarsi per un negoziato di pace, non per l’illusione di una vittoria militare contro Putin», la replica dell’avvocato. E se il governo deciderà altri invii di armi a Kiev? «Non credo che l’Italia sia nelle condizioni di altri invii», taglia corto l’ex premier.

A DRAGHI CHIEDE «una maggiore dialettica politica». «Non si può andare avanti con incontri bilaterali tra il premier e i leader di partito. Serve una cabina di regia dove fare la sintesi, i provvedimenti non possono arrivare direttamente in consiglio dei ministri». Gli iscritti 5S, insiste Conte,« da nord a sud mi chiedono di uscire dal governo, c’è una sofferenza, ma noi siamo al governo per difendere le nostre battaglie…». Insomma, la debacle alle comunali, per i due rivali, ha due motivi opposti: per Di Maio è colpa dell’eccesso di pacifismo di Contee per gli atacchi al governo; per il capo politico la causa è l’eccessiva fedeltà a Draghi. Difficile che si trovi una sintesi.