Lavoro

Giovani, di “garanzia” c’è ben poco

Giovani, di “garanzia” c’è ben poco

Il piano di collocamento Ue "Youth guarantee", partiti i primi colloqui con i disoccupati under 30. Il governo e il ministro Poletti l’hanno propagandato parecchio, ma per il momento l’organizzazione è indietro: «Grazie, ci faremo risentire»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 17 giugno 2014

Compilano moduli e attendono il loro turno, non sanno bene che cosa aspettarsi. Ieri al centro per l’impiego di Cinecittà, a Roma, erano stati convocati in 200, i primi under 30 iscritti al programma Garanzia Giovani nel centro. Si sono presentati, forse complice il maltempo, solo in qualche decina, per lo più neolaureati in cerca di un’occasione. «Mi sono appena laureato in Filosofia – spiega Paolo – Mi sono iscritto al programma come tanti altri dopo che ne abbiamo sentito parlare o ne abbiamo letto sui giornali di annunci per cercare un lavoro. Speriamo esca fuori qualcosa anche se per oggi non ci hanno proposto nulla».

Paolo vorrebbe insegnare, ma sa che quella della scuola per lui che ha vent’anni è una via tutta in salita, con i tagli e la prospettiva di un’intera vita da precario. «Ci hanno sottoposto a un colloquio collettivo, spiegandoci cos’è la garanzia giovani e poi ci hanno dato questo modulo da compilare chiedendo se fossimo interessati a un percorso d’inserimento lavorativo o di formazione».

Quello che i ragazzi mostrano è un “patto di servizio”, ma che assomiglia più a una maniera per prendere tempo. Annunciato per gennaio ma partito solo in maggio, con il lancio in pompa magna del premier Matteo Renzi nel giorno della festa dei lavoratori, il programma di Garanzia giovani impegnerebbe i centri per l’impiego a chiamare gli iscritti e a proporre un “catalogo” di possibilità: stage, tirocini, percorsi di formazione, servizio civile. Peccato però che siamo ancora in alto mare, le convenzioni con enti e aziende ancora non esistono, così alla fine del colloquio c’è solo una stretta di mano e un «a risentirci nei prossimi mesi».

«Credo che questa iniziativa possa essere utile per sbloccare le cose», dice Paola, 26 anni, che si dice disponibile anche «a fare sacrifici o a lavorare gratis per imparare», se ci fosse poi «una reale prospettiva lavorativa». Mentre Carlo, cappello da baseball ben calcato in testa spiega che «lavorare gratis è sfruttamento non è lavoro. Spero che mi propongano qualcosa di veramente formativo ma che mi permetta di guadagnare anche qualcosa».

Valerio è il più disilluso, lavora da anni nei centri commerciali come promoter assunto da un’agenzia interinale: «Sono al nono contratto precario, ogni volta per non assumermi l’agenzia mi cambia catena commerciale dove andare. Ricevo una paga al di sotto della soglia del contratto del commercio e solo i week-end. Se penso che cambierà qualcosa venendo qua? No, non credo, l’ho fatto solo per capire di che si trattava».

Sono tante le speranze che hanno accesso le promesse di Renzi per contrastare la disoccupazione giovanile, ormai giunta a livelli record, mentre poca è l’informazione sulla natura del programma e delle offerte che riceveranno. Intanto dall’Unione europea è arrivata solo due giorni fa la prima bacchettata all’Italia sull’attuazione della Youth guarantee: «Ci sono sostanziali preoccupazioni che la sostenibilità della Garanzia sia compromessa dalla mancanza di una prospettiva di attuazione di lungo termine», ha spiegato il commissario Ue per il Welfare, László Andor, preoccupato anche della qualità dell’offerta che riceveranno gli 82.713 ragazzi e ragazze che in 44 giorni si sono iscritti al programma.

Uno dei rischi è che il miliardo e mezzo di euro in tre anni stanziati per l’Italia, risorse già insufficienti a far fronte alla platea dei potenziali beneficiari, facciano la fortuna di aziende ed enti di formazione, ma che siano solo un palliativo di un lavoro sottopagato per migliaia di giovani che poi si troveranno da capo a dodici senza prospettive.

Fuori dal centro per l’impiego un gruppo di giovani e studenti si è organizzato per volantinare e provare a coinvolgere i loro coetanei: «La verità è che siamo condannati alla precarietà e al lavoro sottopagato, questa garanzia giovani a noi non garantisce nulla, per questo vogliamo organizzarci per chiedere un reddito di base, per rifiutare lo sfruttamento e il lavoro semi gratuito che ci propongono». Sono i ragazzi e le ragazze del Neet Bloc, delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario e dei collettivi della Sapienza: «Nei prossimi giorni torneremo ancora per monitorare cosa ci propone davvero questa garanzia e l’11 luglio saremo a Torino per contestare il vertice sulla disoccupazione giovanile».

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