Per chi volesse capire qualcosa di più del neofascismo di oggi dovrebbe, suo malgrado, dedicarsi alla lettura dell’ultimo numero di aprile de «Il Primato Nazionale», la rivista mensile di Casa Pound. Troverà condensata in rapida successione, articolo dopo articolo, la summa di un pensiero in cui si affastellano cospirazionismo, sovranismo, populismo, pseudo-antagonismo e pseudo-anticapitalismo, attacchi ossessivi alla Resistenza ed esaltazione del ventennio mussoliniano. Il tutto in quasi cento pagine, introdotte da un editoriale del suo direttore, Adriano Scianca, in cui si plaude, di fronte «alla prova del Coronavirus e della quarantena», alla riscoperta dell’inno nazionale e della bandiera tricolore in luogo di Bella ciao, caduta «nell’oblio» di fronte a questa emergenza. Uno sprone a stringersi, nella battaglia contro le «élite» e le «oligarchie dominanti» che vorranno gestire la «post-emergenza», attorno a «simboli forti» e «non certo l’antifascismo».

I primi due servizi, incentrati sull’epidemia di Coronavirus, si scagliano, da un lato, contro l’antirazzismo e alcuni movimenti («pensiamo», dicono, ai gretini o alle sardine») la cui colpa, tra le altre, è stata quella di aver «disabituato a una vera emergenza», e dall’altro invocano un’Europa «armata, nucleare e autarchica», esaltando la difesa dei confini come è accaduto in Grecia, dove «i cittadini» (in verità ben noti gruppi neonazisti) «hanno affiancato le stesse forze dell’ordine».

Seguono due interviste ad altrettanti europarlamentari di Lega e Fratelli d’Italia (Antonio Maria Rinaldi e Carlo Fidanza), con il primo a sostenere che «chi ha costruito questa Unione europea dovrebbe essere processato per crimini», e il secondo, in piena nostalgia autarchica, a declamare «Dobbiamo aiutarci da soli: comprare italiano, mangiare italiano, andare in vacanza in Italia». Quindi due pagine sui «crimini» degli immigrati con notizie di stampa sovrastate dal disegno di un coltello insanguinato.

Ma è la parte centrale della rivista il vero cuore di questo numero, dedicato alla «Resistenza», definita senza mezzi termini: «Una truffa durata 75 anni». Un inserto diviso in quattro momenti. Il primo è volto a “sbugiardare” gli angloamericani, tutt’altro che «eroi» e «liberatori», ma «invasori», protagonisti di «atti terroristici e crimini contro l’umanità», attraverso «bombardamenti», ma anche «omicidi, furti, rapine e stupri». Il secondo (ben sei pagine) riguarda i finanziamenti istituzionali all’Anpi e agli Istituti per la storia della Resistenza, troppi ovviamente. Nel mirino tra «i paperoni della memoria», nonché «revisionisti della storia», l’Istituto Alcide Cervi di Reggio Emilia.

Il terzo momento attiene alla lotta partigiana «oltre la retorica», in cui si evidenziano «le lotte intestine», con i comunisti e la componente «giellista filo anglo-americana» a contendersi la palma dei più «sanguinari». L’ultimo pezzo riguarda l’attentato di via Rasella a Roma (23 marzo 1944), dove si definiscono i partigiani «terroristi» e «delinquenti comuni», rei di aver «per decenni distorto la verità». Non poteva mancare la bufala del manifesto tedesco affisso per le vie di Roma in cui si invitavano gli autori dell’attentato a costituirsi. Mai esistito. La circostanza fu addirittura smentita dal feldmaresciallo Kesselring, comandante supremo di tutte le forze tedesche in Italia.

La rivista si completa poi con una serie di articoli che vanno dalle presunte “cose buone” fatte da Mussolini (tredicesima, cassa integrazione e previdenza sociale), all’opposizione all’introduzione del reato di omofobia, alla assoluta «necessità dei confini» (autore il noto criminologo Alessandro Meluzzi), fino alla critica delle nuove tendenze del cinema horror, volte a «stigmatizzare l’uomo bianco e dare vita a un nuovo eroe meticcio e gender».

Strabiliante, infine, l’ampio pezzo su «Federico Fellini l’amico di Evola», in cui, rileggendo con estrema disinvoltura le sue pellicole, lo si recluta tra i seguaci di Julius Evola, per cui lo stesso film «Giulietta degli spiriti» (del 1965) sarebbe stato in realtà ispirato, quasi dettato, da «Maschere e volto dello spiritualismo contemporaneo», una delle opere del pensatore razzista. «Il Primato Nazionale» non si limita a riscrivere la storia, la inventa.