Visioni

«Devo vestire ogni canzone»

«Devo vestire ogni canzone»Mauro Ermanno Giovanardi

Mauro Ermanno Giovanardi Stasera riceve al Medimex di Bari il premio Tenco per «Maledetto colui che è solo» e intanto parla del progetto «Chelsea Hotel»

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 8 dicembre 2013

Chelsea Hotel non è solo uno spettacolo teatrale. È l’esplosione di un nuovo genere: reading cantato o concerto narrato? Proprio così, queste sembrano essere le opzioni per la nascita o perlomeno per l’avvio e il consolidamento di una novità di indirizzo della musica contemporanea al tempo della crisi. Ed è quello che devono aver pensato il giornalista Massimo Cotto e la produttrice di Fuorivia Paola Farinetti al momento di ideare e varare il progetto oggi rodato, anche su cd distribuito da Egea, con il coinvolgimento del cantante Mauro Ermanno Giovanardi e del chitarrista-pianista Matteo Curallo. La regia è invece affidata a Simone Gandolfi. L’ex La Crus che stasera viene premiato al Petruzzelli nell’ambito del Medimex per il miglior album interprete di canzoni «prevalentemente non proprie», andato al suo recente cd Maledetto colui che è solo racconta il coinvolgimento nella «nuova» avventura…

Quando sei entrato nel progetto?

Devo dire che Chelsea Hotel è uno spettacolo nato sotto una buona stella. Era la Primavera del 2011. Avevo appena partecipato a Sanremo che Massimo mi dà da leggere il copione, ricevendone un no immediato. Ma dopo averlo letto, mi sono detto: è troppo bello. Lo chiamo e gli dico: troverò il modo.

Il tuo approccio, dunque, è stato di sorpresa? Insomma, non ti aspettavi che il testo su un argomento che dovevi peraltro conoscere bene, la vita e la morte di alcune delle più celebri rockstar e non solo, ma anche di recupero di una memoria una volta condivisa ed ora quasi cancellata dall’avanzare del tempo, potesse dire qualcosa di nuovo?

Sì, per me è nato tutto dall’emozione provata nel leggere il testo. Poi, mentre si andava a provare, Cotto ha voluto fare una «filata» che mi ha fatto esclamare: Massimo potresti farlo da solo! Mi aveva colpito la sua naturalezza di narratore. Tutto si è andato ad incastrare magicamente, lo spettacolo correva verso direzioni inaspettate. Mi sembrava di essere ad un tavolo, davanti ad una boccia di rosso, ad ascoltare racconti.

… di musica..

Infatti, il testo è un pretesto per parlare di musica rock, della sua storia in modo intrigante e che, inoltre, mi dava la possibilità di confrontarmi con Lou Reed, Patti Smith, Leonard Cohen.

Come hai scelto le canzoni, il palinsesto sonoro dello spettacolo? E poi sei tornato a cantare in inglese dopo moltissimi anni …

Alcune canzoni sono venute naturali come Chelsea Hotel di Cohen o la My Way di Sinatra che parte con la versione punk di Sid Vicious prima di recuperare l’originale o ancora l’aver interpretato la Piaf in italiano con Albergo ad ore di Herbert Pagani

…. Autore assolutamente da rivalutare …

 Sì … però con il francese non puoi barare, devi avere la pronuncia perfetta, con l’inglese invece puoi essere anche «maccheronico». Dal ’92 non cantavo più in inglese

Dai Carnival of Fools … e ti ha salvato o meglio tolto dall’impaccio il tuo essere autore e interprete nella migliore tradizione dei cantanti europei: fascinazione della parola, aderenza e appropriazione del testo ed infine interpretazione …

È la chiave di lettura giusta. Quando canto una canzone non mia devo «vedere» la canzone e se io non la vedo non la vedono nemmeno gli altri. Non mi fermo alla scelta della canzone, devo sentirmela addosso. Le storie delle canzoni devono essere anche le mie.

In letteratura è la cosiddetta autobiografia per procura, quasi un genere a sé stante e tu con la letteratura vai molto d’accordo

So a cosa ti riferisci. Alla mia attività di costruttore di festival, sia in Assalti al cuore sia in La parola cantata, ho cercato di espandere il concetto stesso di canzone alla poesia e al teatro. Anche se devo aggiungere che la forma festival come quella degli album va ripensata rispetto ai modi di consumo attuali. Mi pare che si sia tornati agli anni sessanta con l’acquisto del 45 giri che si ascolta più volte e velocemente. Soltanto che oggi si scarica la canzone dal web.

Ti sei visto assegnare il Premio Tenco con un album in apparenza strano e affascinante, «Maledetto colui che è solo», dedicato all’ukulele, la chitarra hawaiana

Mi ha fatto piacere che un album così pensato e realizzato abbia ricevuto il Tenco. È il terzo che mi danno ed era un risultato non scontato, era molto facile sbagliare scontentando sia i cultori dello strumento sia i più semplici ascoltatori. Invece, sono riuscito, anzi la musica è riuscita a mettere tutti d’accordo. Ciò che vorrei succedesse con uno dei miei progetti nel cassetto: rifare integralmente Tutti morimmo a stento di Fabrizio De Andrè.

 

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