«Devil De Story» e la caducità delle immagini
Maboroshi Lo scorso novembre il Tokyo Genzosho (Tokyo Laboratory), una grande compagnia specializzata nello sviluppo e produzione di pellicole cinematografiche, ha chiuso i battenti.
Maboroshi Lo scorso novembre il Tokyo Genzosho (Tokyo Laboratory), una grande compagnia specializzata nello sviluppo e produzione di pellicole cinematografiche, ha chiuso i battenti.
Come già scritto sulle pagine di questo giornale un paio di mesi or sono, lo scorso novembre il Tokyo Genzosho (Tokyo Laboratory), una grande compagnia specializzata nello sviluppo e produzione di pellicole cinematografiche, ha chiuso i battenti. Dopo un’attività durata quasi settant’anni, a causa di problemi burocratici e complicazioni derivate dal copyright, i negativi in possesso dell’azienda sembravano, in un primo momento, destinati al macero. Telefilm, serie animate, lungometraggi, pubblicità per il piccolo schermo e documentari, migliaia di pellicole che, per fortuna, sono però state salvate all’ultimo momento dalla distruzione.
È ARRIVATA ai primi di dicembre, infatti, la saggia decisione della Toho, grande casa di produzione cinematografica e casa madre del Tokyo Laboratory, di prendere in consegna e archiviare tutte le pellicole in questione.
Questa storia, per una volta a lieto fine, illustra come la produzione filmica del passato lontano e di quello più recente, ma in realtà anche quella in video e in digitale, sia sempre in pericolo di scomparire. Una volatilità che aumenterà sempre di più con l’incremento della produzione e quindi delle opere da salvare. È questo uno dei dilemmi che più attanagliano gli archivisti di tutto il mondo, si vorrebbe salvare e preservare tutto il materiale filmico e visivo, o almeno il più possibile, ma si tratta di uno scopo materialmente irraggiungibile. Una strada da perseguire, secondo molti studiosi, sarebbe quella di delocalizzare e far proliferare gli archivi, anche attraverso la distribuzione e preservazione in rete. Sembra andare in questa direzione l’attività di Kineko Video, un gruppo di volontari che da un paio di anni a questa parte acquista, opera le scansioni e restaura vecchie pellicole, per lo più animazioni giapponesi, per rimetterle in circolazione gratuitamente attraverso internet.
L’ULTIMO lavoro salvato dall’oblio e restaurato dal gruppo è Devil De Story, una pellicola risalente al 1983 acquistata nel 2022 in un’asta online e ora disponibile sul canale YouTube del gruppo (https://youtu.be/QHW4FFmSvU?si=xCl6Sxa5WV4_1Go2).
Sorta di oggetto misterioso, del film si sa pochissimo se non che fu diretto da Natsuki Mitsutetsu e che probabilmente si tratta di un lavoro fatto per promuovere giovani aspiranti attori o molto più probabilmente di un film fatto da studenti universitari.
Il film racconta di un giovane che si sveglia in un deserto e del suo incontro con una ragazza aliena che lo trasporta in vari periodi del suo passato. Devil De Story è una sorta di commedia a bassissimo budget molto confusa e non sempre divertente, ma non priva di un certo fascino. Un interesse che deriva principalmente dal suo essere un oggetto misterioso e stilisticamente libero proveniente dal passato, la proverbiale capsula del tempo che, al di là delle sue qualità artistiche, riflette un certo gusto del periodo. La fine degli anni settanta e i primi anni ottanta del secolo scorso sono un periodo in cui il sottobosco dei piccoli film fatti per uso personale e quelli più indipendenti, i cosiddetti jishu eiga, subisce un’accelerazione improvvisa nel Sol Levante. In parte grazie ad una tecnologia più a buon mercato, in parte anche grazie anche a una miriade di piccoli e meno piccoli eventi, si veda ad esempio il Pia Film Festival ancora in corso, dove vengono proiettati questi lavori fai-da-te, che molto spesso hanno anche venature artistiche. Muovono i primi passi in questa cultura autori che nei decenni successivi si sarebbero affermati come Gakuryu Ishii, Shinya Tsukamoto o Yoshihiko Matsui.
matteo.boscarol@gmail.com
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