Politica

Destinazione Italia, 50 misure senza sapere cosa fare

Il governo Letta non finisce mai di sorprendere. L’implementazione di Destinazione Italia è diventata l’occasione per dettagliare tutte le iniziative del governo. Una serie di postulati, suggerimenti, iniziative e auspici […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

Il governo Letta non finisce mai di sorprendere. L’implementazione di Destinazione Italia è diventata l’occasione per dettagliare tutte le iniziative del governo. Una serie di postulati, suggerimenti, iniziative e auspici che dovrebbero convincere gli investitori internazionali, le assicurazioni, le imprese, i cittadini del lavoro dello stesso governo. Il governo del fare, forse per rispondere alle sollecitazioni di Renzi. Sono 50 le misure che dovrebbero portare il paese fuori dalle secche della crisi. La prima cosa che osservo è la seguente: 50 misure? Nemmeno quando l’Italia ha agganciato l’Europa ha predisposto così tante misure, e il lavoro da fare non era inferiore a quello che dovrebbe essere realizzato per favorire la crescita economica.
Un insieme di proposte e neologismi da fare invidia al migliore pubblicista sulla piazza. Se cercate qualcosa che vi interessa, non farete fatica a trovarla. Incentivi, patrimonializzazione, costo del lavoro, privatizzazioni, ricerca e sviluppo, riforma fiscale, deregolamentazione del mercato del lavoro per le multinazionali che investono in Italia e comprano le imprese italiane, bond per finanziare le Pmi, incentivi per l’assunzione di giovani, energia rinnovabile, bolletta energetica meno cara, turismo. Si potrebbe andare avanti ancora, tane sono le misure sottolineate. Più che il governo del fare sembra di vedere un governo in confusione. Se non sappiamo cosa fare, proviamo a fare tutto. Alla fine una delle misure adottate potrebbe anche funzionare. Questa è la politica economica del governo Letta. Con un po’ di fortuna si esce dalla situazione.

Ho sempre sostenuto che il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso le imprese non potesse dare i risultati di crescita indicati nel documento economico e finanziario, ma la scelta era chiara in ordine agli obbiettivi e all’entità delle risorse messe in campo per il triennio (50 mld di euro). Con Destinazione Italia diventa persino difficile commentare il provvedimento. Uno dei principali insegnamenti dei liberali era quello di semplificare la macchina pubblica con norme chiare, trasparenti e non eccessive. Provate a calarvi per una volta nei panni di un imprenditore che volesse beneficiare delle misure di Destinazione Italia. Credo che dopo due ore di lettura e valutazione del provvedimento un imprenditore onesto direbbe: lasciamo stare. Troppo complicato e confuso. Faccio a meno delle cose indicate.

L’unica parte che sembra coerente è quella relativa al rapporto diretto tra investimenti diretti esteri e privatizzazioni, con annessa possibilità di derogare al contratto nazionale e il senso delle leggi che interessano il lavoro. Sacconi non è mai uscito né dalla finestra e né tanto meno dalla porta. Tutti gli economisti hanno spinto il governo per avere pochi obiettivi chiari e su questi investire le poche risorse disponibili. È così difficile, primo ministro Letta, scegliere? Non siamo dei bambini che reclamano tutti i giochi che vedono nelle vetrine di un negozio. Uno sforzo, almeno per scegliere cosa fare.

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