Desalu, Crippa, Osakue, e compagnia: è la nazionale di tutti
Tokyo 2020 Tanti partecipanti alla spedizione olimpica sono italiani di "seconda generazione", tra loro il campione della staffetta Fausto Desalu e la lanciatrice Daisy Osakue
Tokyo 2020 Tanti partecipanti alla spedizione olimpica sono italiani di "seconda generazione", tra loro il campione della staffetta Fausto Desalu e la lanciatrice Daisy Osakue
C’è un bel dettaglio della staffetta 4×100, per chi ha visto le immagini televisive, che ha emozionato più di altre: è il passaggio del testimone tra Fausto Desalu e Filippo Tortu. Il duecentista, in terza frazione, ha passato al quarto il cilindro e subito dopo, anziché fermarsi, gli ha tenuto dietro per qualche metro, gridando con tutto il fiato che aveva ancora in corpo, incoraggiando Tortu, spronandolo. La progressione d’oro di Tortu è sembrata prendere l’abbrivio proprio da quelle grida.
ESEOSA Fostine Desalu, detto Fausto, è nato a Casalmaggiore (Cremona) nel 1994 da una famiglia nigeriana ed è diventato cittadino italiano quando ha compiuto 18 anni, nel 2012. Non è l’unico campione italiano ad essere figlio di genitori stranieri, spesso immigrati che vedono la propria famiglia allargarsi nel nostro paese.
L’assurdità è che campioni come Desalu, ma anche migliaia di ragazzi che non si distinguono per meriti sportivi, debbano aspettare il 18esimo anno d’età per acquisire la cittadinanza. Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha parlato riduttivamente di «ius soli sportivo». Attualmente gli immigrati under 18 residenti in Italia ma non cittadini italiani, non possono essere convocati per le nazionali finché non diventano maggiorenni. Questo vuol dire, per esempio, che il campione olimpico, Desalu, non ha potuto svolgere gare con la maglia dell’Italia quando aveva sedici o diciassette anni. Daisy Osakue, anche lei diventata «cittadina» (lei che è nata in Italia e ha fatto tutta la scuola qui) a 18 anni, è la nostra lanciatrice del disco più forte, arrivata in finale con il primato italiano (63.66), ed è solo una delle stelle della pattuglia di italiani «di seconda generazione» a Tokyo. Le loro storie sono molto diverse tra loro e tutte insegnano che estendere i requisiti di accesso alla cittadinanza non può che portare bene, anche in campo sportivo.
BASTI pensare per esempio al lottatore Frank Chamizo, o a Yemaneberhan Crippa, detto Yeman, mezzofondista italiano, primatista nazionale dei 3000, 5000 e 10000 metri piani, adottato da genitori italiani, portato via da un orfanotrofio di Addis Abeba. La storia di Marcell Jacobs, campione olimpico sui 100 metri e in staffetta, è ormai nota: figlio di un militare americano di stanza in Italia e di una donna italiana. Il caso dell’ultimo medagliato è diverso: ad Abraham Conyedo è stata concessa la cittadinanza solo in ragione dei suoi meriti sportivi. Peccato che a tanti lavoratori o a ragazzi nati in Italia e italiani in tutto e per tutto, parliamo di centinaia di migliaia di persone, questo «merito» non venga ancora riconosciuto.
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