Monaco di Baviera e la sua impagliata perversa eleganza. Senza la scontrosità berlinese ma con i medesimi psicopatici sulle piste ciclabili. Quello che la capitale tedesca dovrebbe invidiare a Monaco è la bellezza ai margini delle giostre per i turisti: scorci cristallini del fiume Isar lambiscono la vegetazione e siedono a valle del cimitero dove riposa il maestro Fassbinder. I sulfurei quartieri residenziali alla Funny Games dove nel silenzio fatale della notte sibila un monopattino (o era un irrigatore per prato?) e qualcuno al di là di una tapparella scruta i marciapiedi cercando una anomalia. Tra i baracchini dello shopping con i soliti marchi che annullano le differenze tra città, nazioni e continenti, la fuga diventa una resa alla natura, alle attività outdoor che tutti i monacensi praticano con accanito fervore. Trekking, salto dalla rupe, Wanderung fino alla fine del mondo; nel fine settimana ci si eclissa con gli scarponi e la città diventa uno scheletro annoiato. Finalmente tutto il tempo libero per immaginare le gesta dell’Ispettore Derrick che qui risolveva i suoi delitti borghesissimi prima di collassare sul passato nazista del suo interprete. In assenza punitiva delle repliche sulle tv di Stato possiamo individuare le strade, le kneipe, i parchi del telefilm, gli interni nei quartieri sulfurei di cui sopra con botteghe e parrucchieri sempre chiusi.

Tranci di boschi e foreste, i migliori luoghi dove nascondere un cadavere. Le stanze al di là dei prati curati nascondono un ospite Airbnb coccolato e accudito solo in nome di una recensione a cinque stelle ma senza eccedere nella cura: avrà il minimo indispensabile di carta igienica, gli asciugamani contati, il controllo segreto dei suoi spostamenti. Non basterà un interrogatorio per far crollare gli host con un misero «Sì, volevo solo i soldi» e non basteranno le scuse alla vittima-guest per averla vessata con gli spiegoni sul consumo extra di gas che un ospite comporta. Per un tedesco, e un bavarese nello specifico, il risparmio è l’ossessione primaria, la religione. So’ montanari, signora mia. Così si dipana il Ferragosto. Lontano dalle spiagge ma presente nelle cattedrali e duomi (bellissimo quello di Bamberg) dove altre anime perse si aggirano con la guida sotto il braccio, gli scarponcini da gita, lo zainetto tecnico. Cercano quella specifica statua, quel monumento, quel cavaliere senza macchia o più semplicemente solo il ristorante dove si parla un po’ di inglese. Meglio stare lontani dalle gelaterie in cui ci sono italiani, incazzatissimi perché lavorano il 15 agosto. Eppure, fuori dalle logiche del commercio (dove finisce la gentilezza disinteressata e dove iniziano le stelle da apporre?) restano le città, i villaggi, i centri storici, le stazioni dove con l’ultimo treno sta scappando proprio l’assassino.