Derek Jarman, l’artista allo specchio in Super 8
Cinema I film sperimentali del regista inglese. Un evento del collettivo Macao ha proposto «In the Shadow of a Sun» e «Glitterbug»
Cinema I film sperimentali del regista inglese. Un evento del collettivo Macao ha proposto «In the Shadow of a Sun» e «Glitterbug»
A un certo punto di Modern Nature Derek Jarman riprende una frase di Aldous Huxley: «Non ha importanza che tutto sia frammentato. Il tutto è disorganizzato, ma ogni frammento individuale è in ordine, rappresentato da un ordine superiore». È una farse che dice molto dell’arte di questo inquieto giardiniere che prima è stato pittore ma soprattutto regista e video-maker, tra i più lucidi antagonisti della morale liberista thatcheriana. Allo stesso tempo, questa citazione di Huxley, dà un’idea dello spirito con cui «Nocturnal Reflections», la rassegna di cinema sperimentale ospitata da Macao (il collettivo stabilitosi nell’ex sede dell’Associazione Macellai di viale Molise a Milano), ha scelto i lavori (tra le 92 pellicole archiviate, restaurate e digitalizzate da James Mackay) da proporre per il palinsesto dal titolo Derek Jarman – The Super 8 Programme.
Film fuori misura, che sfuggono la tassonomia classificatoria (Super 8, videoclip, tableaux vivants, I-movie, lyric film,…) per porsi al di là dei generi, verso un orizzonte stratificato e, ancora oggi, in progress; non a caso il titolo di un altro libro di Jarman recita A vostro rischio e pericolo.
Il titolo, in programma, che meglio rappresenta questa prima stagione di estremismo creativo e furore realizzativo è In the Shadow of the Sun, a ragione considerato la summa di un’epoca di produzione visiva sperimentale (a ulteriore conferma di quanto detto anche la datazione dell’opera che copre un arco temporale di sette anni; Jarman l’ha infatti realizzata tra il ’74 e l’81). Il film è pura suggestione visiva di forme e colori, ottenuta adoperando più volte per le riprese la stessa pellicola e selezionando tra decine di ore di girato. Il regista spinge al limite la già forte valenza pittorica del supporto a 8mm, lo disabilita di ogni riferimento, lo riforma e lo stratifica come un quadro, giocando con le sovrapposizioni come se fossero campiture di colore. Grazie a questa tecnica Jarman sentiva di riuscire a esprimere quella che chiamava una «poetica del fuoco» e a rappresentare al meglio il suo immaginario più profondo.
https://youtu.be/W3ze3KuLdNE
L’ispirazione gli era venuta dalla lettura degli Studi sull’alchimia di Jung e difatti In the Shadow of the Sun non ha un rigido filo narrativo, ma, come un sogno, passa da una sequenza di immagini cariche di simbologia all’altra, il tutto musicato dalla partiture industriali dei Throbbing Gristle.
L’altro titolo chiave è Glitterbug, film del 1994, l’ultimo, terminato poco prima di morire. È il controcanto di Blue, quel campo monocromo (contrappunto visivo a frammenti sonori costituiti da brani lirici, rumori quotidiani e descrizioni cliniche) oltre il quale non è più possibile andare.
Se Blue è azzeramento totale, immagine esautorata, Glitterbug è opera che cresce per accumulo, alterno e sconnesso; interamente costruito assemblando materiali girati fra il 1970 e il 1986 il film ripercorre, in poco meno di un’ora, quegli incontri e quelle visioni che hanno trasformato un’esistenza in ciò che poi è stata (come scriveva Genet: «Di loro resta soltanto ciò che resta di me: io sono soltanto grazie a loro che non sono nulla, esistendo soltanto grazie a me»).
Quello che prende forma è un territorio nel quale si agitano frammenti di immaginario collettivo e individuale, un libero flusso d’ interferenze indistricabili in cui non è possibile far distinzioni fra spazio privato e scena pubblica. Una creazione diaristico-autobiografica (anche se forse sarebbe più giusto parlare di codice «autobiografistico» dato che Jarman ha sempre attinto, per creare, alla propria esistenza, anche quella più intima e sofferta, cercando però di filtrarla e arricchirla con influenze artistiche altre, che l’artista non si è limitato a citare ma ha preferito invece incarnare, collaudare, sperimentare) com’è dichiarato fin dalla prima inquadratura di questo suo ultimo film che mostra Jarman ritrarsi allo specchio mentre riprende con il suo amatissimo Super-8; quasi come a voler dire, citando Barthes : «Poso, so che sto posando, voglio che voi lo sappiate, ma questo supplemento di messaggio non deve minimamente alterare…la preziosa essenza della mia persona».
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