Dentro l’editoria tra profitti e profittatori
Express Da Woody Allen a Philip Roth, opportunismi intellettuali e commerciali
Express Da Woody Allen a Philip Roth, opportunismi intellettuali e commerciali
Campione del libero pensiero o, come usa dire, volgare profittatore? Tony Lyons, proprietario della piccola sigla statunitense Skyhorse, viene descritto da Edward Helmore sul «Guardian» con toni dubbiosi. Da qualche anno, infatti, Lyons ha cambiato la linea della sua casa editrice, nata nel 2006 e inizialmente dedicata alle attività all’aria aperta, pubblicando libri che per un motivo o per l’altro erano stati rifiutati da editori più importanti. In alcuni casi, soprattutto in una prospettiva europea, le scelte dell’editore non appaiono affatto bizzarre: cosa c’è di strano nel proporre al pubblico degli Usa l’autobiografia di Woody Allen A proposito di niente (uscita da noi per La Nave di Teseo) che il marchio Grand Central Publishing di proprietà Hachette aveva lasciato cadere temendo una fuga di altri autori?
E lo stesso non vale forse per la biografia di Philip Roth ritirata in fretta e furia da Norton, dopo che erano emerse accuse pesanti di molestie a carico dell’autore, Blake Bailey, o per la raccolta postuma di saggi di Norman Mailer che l’editore storico dello scrittore, Random House, non ha voluto inserire nel proprio catalogo? Anzi, se si parte del presupposto che una pessima persona può scrivere un ottimo libro (è successo, succede, succederà), si può dire che Skyhorse sta rendendo un buon servizio ai lettori statunitensi.
Certo, la decisione di pubblicare The Real Anthony Fauci, un attacco al consigliere medico della Casa Bianca ad opera del celebre novax Robert F Kennedy, potrebbe far alzare qualche sopracciglio pure da questa parte dell’Atlantico, ma Lyons ha 750.000 buoni motivi (tante sono le copie vendute in meno di due mesi) per difendere la propria scelta, sostenendo che «tutti pensano a demolire l’autore e non si prendono la briga di analizzare il libro».
Da parte sua Helmore pare non pronunciarsi: «Che si tratti di opportunismo, di una sana decisione commerciale, della difesa di un principio, o delle tre cose insieme, è oggetto di dibattito», scrive. Ma subito dopo aggiunge che «Skyhorse evita le posizioni ideologiche, visto che ha tra l’altro pubblicato in contemporanea due libri, uno a favore e uno contro l’uso delle mascherine». Ed è detto tutto.
A proposito di personaggi (veri) da romanzo, però, l’intraprendente Tony Lyons impallidisce di fronte a Filippo Bernardini, il giovane editor italiano arrestato dall’Fbi il mese scorso all’aeroporto Kennedy di New York con l’accusa di essersi impossessato in modo fraudolento di centinaia di manoscritti in attesa di pubblicazione. Se n’è parlato e scritto in tutti i media del mondo, anche perché intorno a questo ladro misterioso giravano voci da tempo anche fuori dall’ambiente editoriale. Adesso Alex Shephard su «The New Republic» ricostruisce nei dettagli l’intera vicenda che appare sempre più enigmatica.
Non solo non è chiaro perché Bernardini (ammesso il responsabile sia lui) ha agito, ma c’è una sproporzione gigantesca fra l’enorme fatica compiuta per mettere a segno le truffe e gli effettivi risultati. Con poche eccezioni (per esempio, testi inediti di Margaret Atwood o Ethan Hawke), i titoli acquisiti dal misterioso truffatore non avevano particolari attrattive commerciali: per esempio «raccolte di racconti islandesi – non proprio la roba che menti criminali sognano di ottenere con mezzi illeciti». E Shephard conclude: «Se tutti i suoi sforzi erculei hanno avuto come obiettivo delle aspirazioni così insignificanti, allora questa è la storia di uno spreco incredibile di energia. Mai si è visto tanto lavoro per ottenere così poco. Ma per un breve periodo (Bernardini) è diventato l’uomo più misterioso dell’editoria. Forse si dovrà accontentare di questo».
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