Cultura

Dentro il buio sventurato della memoria

Dentro il buio sventurato della memoria

Scaffale «Un piccolo buio», di Massimo Coppola per Bompiani

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 9 marzo 2019

Si intitola Un piccolo buio ed è il romanzo d’esordio di Massimo Coppola (Bompiani, pp. 272, euro 17). Racconta di ricordi intrecciati attraverso generazioni di personaggi, legati per ragioni che a volte sono oscure a loro stessi, per un gioco di non detti e misteri che compongono l’intreccio piuttosto complesso del testo. Complesso soprattutto dal punto di vista delle dinamiche relazionali che l’autore racconta proprio a partire dal dato di fatto che i legami affaticano l’esistenza in modo quasi insopportabile.

IL LIBRO si apre nel contesto dell’inaugurazione di Palazzo Vittoria a Milano da parte di Mussolini: qui, uno dei protagonisti, Michele, si trova per filmare l’evento. È un giovane cameraman a cui è stato assegnato il compito di riprendere l’ennesimo momento auto-celebrativo del regime fascista. Il lavoro, però, quel giorno è per lui secondario, perché la sua attenzione è concentrata su Vera, la ragazza di cui è innamorato. Il loro amore corrisposto risponde in tutto e per tutto all’idea insita nel nostro immaginario degli amori che nacquero prima della guerra e la attraversarono: «tetragoni ai colpi di sventura», resistenti, almeno fino alla morte.

SARÀ PROPRIO COSÌ per Michele e Vera, tanto felici a Palazzo Vittoria, dove erano riusciti a farsi lasciare, convincendo il portiere, le chiavi di un appartamento che restava sfitto, in quanto sempre disponibile per l’arrivo di eventuali gerarchi fascisti: il loro amore continuerà, anche se la guerra imminente li avrà separati.

Palazzo Vittoria è il fulcro del romanzo di Coppola che ha deciso di utilizzarlo come perno della sua narrazione, legame, questo architettonico più resistente, tra i vari personaggi di cui racconta le peripezie, tanto che nel testo questo luogo simbolo dell’architettura fascista si trasforma in una sorta di alveare da cui, come fa Leda, gli abitanti, protagonisti della storia, escono e entrano molto rapidamente. Leda è veloce, perché sua caratteristica è quella di correre su e giù dalle scale, nel periodo di guerra: ormai rimasta orfana si procaccia da mangiare prostituendosi coi soldati. E Carlo, anch’egli orfano, quasi se ne innamora per quel suo modo di scendere le scale, quelle che lui percorre molto meno agilmente per cercare di trovare cibo e conforto per sé e la sorella malata.

LE ALTRE STORIE scorrono veloci, seppure attraversino varie generazioni, perché la vita è un soffio come si dice. Dal punto di vista narrativo tale moto andante è realizzato attraverso un ricorso significativo al dialogo, che dà movimento e enfatizza la parte tutta umana di questo romanzo sul succedersi dei figli ai padri e sul sopravvivere delle figlie alle storie d’amore delle proprie madri.

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