Internazionale

Demolizione imminente ma Khan al Ahmar resiste

Demolizione imminente ma Khan al Ahmar resiste

Israele/Territori palestinesi occupati Abitanti e attivisti locali e internazionali decisi ad opporsi ai piani del governo israeliano e difendere la Scuola di Gomme costruita dall'ong milanese Vento di Terra. Ieri prova di forza della polizia: 35 feriti e otto arrestati

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 luglio 2018
Michele GiorgioKHAN AL AHMAR (GERUSALEMME)

‎«Aalli el Kufieh», ‎«solleva la Kufieh‎», il simbolo della nazione palestinese, ‎cantavano ieri i bambini della comunità beduina di Khan al Ahmar seduti sul prato ‎sintetico accanto alla Scuola di Gomme costruita dalla ong di Milano, Vento di ‎Terra. Canti di un campo estivo organizzato alla buona eppure molto importante per ‎decine di famiglie che vivono di pastorizia e poco altro e non possono offrire di più ‎ai loro figli. ‎«I nostri piccoli si divertono e questo già va bene. La Scuole di Gomme ‎e questo cortile sono il centro della nostra vita» ci diceva Abu Jawad, un anziano ‎che da giorni, assieme ad altri abitanti di Khan al Ahmar e attivisti locali e ‎internazionali, “presidia” l’ingresso del villaggio a rischio della demolizione. ‎L’allarme è scattato il 27 maggio quando, dopo anni di una estenuante battaglia ‎legale, la Corte suprema israeliana ha dato il via libera alla demolizione – richiesta ‎dall’esercito, dal ministero della difesa e caldeggiata dai coloni israeliani – di Khan ‎al Ahmar. Questo piccolo insediamento beduino alla periferia orientale di ‎Gerusalemme, quindi in territorio occupato, sarebbe “illegale” e i suoi 180 abitanti, ‎della tribù dei Jahalin, saranno trasferiti, con le buone o con le cattive, in una ‎località a breve distanza da una discarica. ‎

‎ ‎«Cantate con me, su non fermatevi‎», esortava ieri una maestra i bambini seduti ‎in cerchio e ignari che, forse, per l’ultima volta si sono riuniti nella loro scuola. ‎L’esercito ha consegnato l’ordine di sgombero e le ruspe hanno cominciato a ‎spianare i terreni intorno alla comunità. Le ore di Khan al Ahmar sono contate. ‎Qualcuno prevede due-tre giorni. Altri non fanno previsioni, sperano ancora. Ma il ‎destino della scuola e delle povere abitazioni fatte di tela e lamiera, è segnato. Una ‎indicazione delle intenzioni delle autorità israeliane è giunta dall’abbattimento ieri ‎di una decina di strutture abitative e di ricoveri per animali nella vicina comunità di ‎Abu Nuwar. Liberarsi della ingobrante presenza dei beduini e della Scuola di ‎Gomme vuol dire per Israele non solo imporre la sua legge su quella internazionale. ‎Significa anche proseguire i progetti in un’area strategica, la zona E1, a Est di ‎Gerusalemme, dove l’espansione delle colonie ebraiche taglierà in due la ‎Cisgiordania rendendo impossibile la creazione di uno Stato palestinese con un ‎territorio omogeneo. Gli Usa alleati di Israele si sono opposti per anni a questi ‎progetti ma ora alla Casa Bianca c’è Donald Trump e il suo “Accordo del secolo” ‎per il Medio oriente non contempla la realizzazione delle rivendicazioni palestinesi ‎in uno Stato sovrano.‎

‎ Oggi i rappresentanti di Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Italia ‎chiederanno ad Israele di congelare le sue decisioni e il console italiano a ‎Gerusalemme visiterà Khan al Ahmar. ‎«Nel corso dei mesi passati – avevano fatto ‎sapere a maggio fonti della Farnesina – l’Italia ha effettuato passi ad alto livello con ‎le autorità israeliane…La sopravvivenza del villaggio e della scuola è molto ‎importante per l’Italia e per la comunità internazionale, per ragioni umanitarie e di ‎rispetto della legalità internazionale ma anche perché lo sgombero di Khan al Ahmar ‎pregiudicherebbe la contiguità territoriale del futuro Stato palestinese‎». Davvero il ‎nostro paese sta difendendo con la giusta determinazione il villaggio beduino e la ‎Scuola di Gomme costruita peraltro con l’aiuto della Cooperazione governativa ‎italiana, la Cei e una rete di comuni italiani? I dubbi sono forti. Guai ad alzare la ‎voce con il governo Netanyahu.‎

‎ La gioia dei bambini nel campo estivo ieri è terminata poco prima delle 11. Dal ‎nulla sono sbucati decine di agenti di polizia per dare gli ultimi ordini. ‎«Ieri ‎‎(martedì) ci hanno comunicato la confisca delle terre, oggi un ufficiale ci ha detto di ‎andare via senza opporre resistenza e che sarebbe stato meglio per noi ascoltare il ‎suo consiglio. Ma noi non ce ne andiamo dalla nostra terra» assicurava ieri Ibrahim, ‎nato a Khan al Ahmar, sfuggito per poco all’arresto quando assieme ad altri ha ‎bloccato una ruspa israeliana salendovi sopra. I tafferugli in breve sono sfociati ‎nelle cariche della polizia. Alla fine almeno 35 palestinesi sono rimasti feriti o ‎contusi, quattro sono finiti in ospedale. Almeno otto gli arrestati. ‎«Una popolazione ‎beduina inerme è colpita nel cuore della propria identità‎» commenta icon amarezza ‎Massimo Annibale Rossi, di Vento di Terra, uno degli ideatori della Scuola di ‎Gomme‎‏ ‏‎«a nulla sono valsi gli appelli della comunità internazionale e la solidarietà ‎giunta alla nostra Ong e alla tribù dei Jahalin. Si sta compiendo una gravissima ‎violazione del diritto internazionale e di quel poco che rimane per le prospettive di ‎pace in Medio oriente».

GUARDA IL VIDEO
https://youtu.be/uLDJEqu5Cso ‎

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