Demolizione imminente ma Khan al Ahmar resiste
Israele/Territori palestinesi occupati Abitanti e attivisti locali e internazionali decisi ad opporsi ai piani del governo israeliano e difendere la Scuola di Gomme costruita dall'ong milanese Vento di Terra. Ieri prova di forza della polizia: 35 feriti e otto arrestati
Israele/Territori palestinesi occupati Abitanti e attivisti locali e internazionali decisi ad opporsi ai piani del governo israeliano e difendere la Scuola di Gomme costruita dall'ong milanese Vento di Terra. Ieri prova di forza della polizia: 35 feriti e otto arrestati
«Aalli el Kufieh», «solleva la Kufieh», il simbolo della nazione palestinese, cantavano ieri i bambini della comunità beduina di Khan al Ahmar seduti sul prato sintetico accanto alla Scuola di Gomme costruita dalla ong di Milano, Vento di Terra. Canti di un campo estivo organizzato alla buona eppure molto importante per decine di famiglie che vivono di pastorizia e poco altro e non possono offrire di più ai loro figli. «I nostri piccoli si divertono e questo già va bene. La Scuole di Gomme e questo cortile sono il centro della nostra vita» ci diceva Abu Jawad, un anziano che da giorni, assieme ad altri abitanti di Khan al Ahmar e attivisti locali e internazionali, “presidia” l’ingresso del villaggio a rischio della demolizione. L’allarme è scattato il 27 maggio quando, dopo anni di una estenuante battaglia legale, la Corte suprema israeliana ha dato il via libera alla demolizione – richiesta dall’esercito, dal ministero della difesa e caldeggiata dai coloni israeliani – di Khan al Ahmar. Questo piccolo insediamento beduino alla periferia orientale di Gerusalemme, quindi in territorio occupato, sarebbe “illegale” e i suoi 180 abitanti, della tribù dei Jahalin, saranno trasferiti, con le buone o con le cattive, in una località a breve distanza da una discarica.
«Cantate con me, su non fermatevi», esortava ieri una maestra i bambini seduti in cerchio e ignari che, forse, per l’ultima volta si sono riuniti nella loro scuola. L’esercito ha consegnato l’ordine di sgombero e le ruspe hanno cominciato a spianare i terreni intorno alla comunità. Le ore di Khan al Ahmar sono contate. Qualcuno prevede due-tre giorni. Altri non fanno previsioni, sperano ancora. Ma il destino della scuola e delle povere abitazioni fatte di tela e lamiera, è segnato. Una indicazione delle intenzioni delle autorità israeliane è giunta dall’abbattimento ieri di una decina di strutture abitative e di ricoveri per animali nella vicina comunità di Abu Nuwar. Liberarsi della ingobrante presenza dei beduini e della Scuola di Gomme vuol dire per Israele non solo imporre la sua legge su quella internazionale. Significa anche proseguire i progetti in un’area strategica, la zona E1, a Est di Gerusalemme, dove l’espansione delle colonie ebraiche taglierà in due la Cisgiordania rendendo impossibile la creazione di uno Stato palestinese con un territorio omogeneo. Gli Usa alleati di Israele si sono opposti per anni a questi progetti ma ora alla Casa Bianca c’è Donald Trump e il suo “Accordo del secolo” per il Medio oriente non contempla la realizzazione delle rivendicazioni palestinesi in uno Stato sovrano.
Oggi i rappresentanti di Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Italia chiederanno ad Israele di congelare le sue decisioni e il console italiano a Gerusalemme visiterà Khan al Ahmar. «Nel corso dei mesi passati – avevano fatto sapere a maggio fonti della Farnesina – l’Italia ha effettuato passi ad alto livello con le autorità israeliane…La sopravvivenza del villaggio e della scuola è molto importante per l’Italia e per la comunità internazionale, per ragioni umanitarie e di rispetto della legalità internazionale ma anche perché lo sgombero di Khan al Ahmar pregiudicherebbe la contiguità territoriale del futuro Stato palestinese». Davvero il nostro paese sta difendendo con la giusta determinazione il villaggio beduino e la Scuola di Gomme costruita peraltro con l’aiuto della Cooperazione governativa italiana, la Cei e una rete di comuni italiani? I dubbi sono forti. Guai ad alzare la voce con il governo Netanyahu.
La gioia dei bambini nel campo estivo ieri è terminata poco prima delle 11. Dal nulla sono sbucati decine di agenti di polizia per dare gli ultimi ordini. «Ieri (martedì) ci hanno comunicato la confisca delle terre, oggi un ufficiale ci ha detto di andare via senza opporre resistenza e che sarebbe stato meglio per noi ascoltare il suo consiglio. Ma noi non ce ne andiamo dalla nostra terra» assicurava ieri Ibrahim, nato a Khan al Ahmar, sfuggito per poco all’arresto quando assieme ad altri ha bloccato una ruspa israeliana salendovi sopra. I tafferugli in breve sono sfociati nelle cariche della polizia. Alla fine almeno 35 palestinesi sono rimasti feriti o contusi, quattro sono finiti in ospedale. Almeno otto gli arrestati. «Una popolazione beduina inerme è colpita nel cuore della propria identità» commenta icon amarezza Massimo Annibale Rossi, di Vento di Terra, uno degli ideatori della Scuola di Gomme «a nulla sono valsi gli appelli della comunità internazionale e la solidarietà giunta alla nostra Ong e alla tribù dei Jahalin. Si sta compiendo una gravissima violazione del diritto internazionale e di quel poco che rimane per le prospettive di pace in Medio oriente».
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https://youtu.be/uLDJEqu5Cso
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