Così come ci è toccato assistere inermi all’ascesa dell’aggettivo «sfidante», goffo calco dell’inglese challenging, così dobbiamo arrenderci alla forza d’urto di un altro aggettivo, «ispirazionale», anche questo, ça va sans dire, modellato su un termine – inspirational – che ci arriva dalla sfera anglofona. Del resto, già più di un anno fa Dalila Bachis sul sito dell’Accademia della Crusca aveva invitato «a non sottovalutare il potere evocativo di ispirazionale», in particolare in riferimento ai libri.

Già in diverse librerie italiane, come nei cataloghi di alcune case editrici, fa infatti capolino questa nuova categoria dai confini incerti. Come sempre soccorrevole, per fortuna Wikipedia (versione inglese) alla voce Ispirational fiction ci spiega che, sebbene ancora non esista «una definizione universalmente accettata», un aiuto può venire dalle indicazioni fornite dalla biblioteca pubblica di Charlotte in North Carolina: «Ogni buon libro può essere fonte di ispirazione, ma molti di questi titoli presentano persone che superano le avversità o raggiungono nuove capacità di comprensione. Che i protagonisti riescano a farcela da soli o che ad aiutarli sia un potere superiore, questi libri vi incoraggeranno e vi divertiranno».

Quello che Wikipedia non dice è che non sempre, dopo avere pubblicato un libro «ispirazionale» anche di successo, il suo autore o la sua autrice abbiano davvero superato le difficoltà che li avevano spinti a scrivere. Il caso di Stephanie Land, raccontato da Ron Lieber sul New York Times (ma, attenzione, nella sezione «Your Money», non in quella dedicata ai libri), è paradigmatico.

All’inizio del 2019 Land ha pubblicato per Hachette Books un memoir, Maid, che – come sintetizza il sottotitolo Hard Work, Low Pay and a Mother’s Will to Survive, «Lavoro duro, paga bassa e la determinazione di una madre di sopravvivere» – riflette le difficoltà incontrate dall’autrice facendo la colf o, più esplicitamente, la donna delle pulizie. Proprio Donna delle pulizie, del resto, si intitola la traduzione italiana del memoir uscita per Astoria con grande tempismo un paio di mesi dopo l’originale americano. Se, come è possibile, il libro vi è sfuggito, probabilmente vi sarà invece capitato di vedere qualche scena della serie Netflix Maid che dal testo di Land è stata tratta e che tra l’altro ha fra i protagonisti, nel ruolo della madre della sfortunata protagonista, la grande Andie MacDowell.

Un bestseller ben recensito sui maggiori media statunitensi e una serie di successo su Netflix, cosa si può volere di più? Ebbene, come spiega l’autrice a Lieber, i suoi problemi economici non si possono dire risolti. Colpa del perverso sistema dei prestiti d’onore universitari americani, palle al piede che molti si trascinano dietro per tutta la vita, così come dell’altrettanto perverso sistema sanitario (quello che sempre più si fa strada anche da noi), ma anche della precarietà insita nel lavoro di uno scrittore. Se anche un libro va bene, chi può dire quanto a lungo continueranno le vendite? E siamo proprio sicuri che il prossimo libro non sarà un fiasco?

Le cifre sciorinate con disinvoltura da Lieber sono implacabili, ma per fortuna la storia finisce bene: sia pure a fatica Land è riuscita ad accendere un mutuo per comprare una casa per sé e per i suoi figli come desiderava da anni, e ha un programma di conferenze retribuite grazie al quale può contare almeno per un po’ su entrate certe. Sulle spese extra deve stare attenta, ma si fa un punto d’onore di lasciare una mancia di 20 dollari quando va in albergo, ricordando le sue difficoltà al tempo in cui era una donna delle pulizie. Una storia ispirazionale, insomma.