Economia

Debito pubblico oltre i 3000 miliardi, ma la destra si loda per il «buon lavoro»

Debito pubblico oltre i 3000 miliardi, ma la destra si loda per il «buon lavoro»La Banca d'Italia – Ansa

Dati Bankitalia A giugno 30 miliardi in più rispetto a maggio e ora il totale è 2948. Cottarelli: «Vicini a una soglia psicologica importante, serve più crescita». Nel primo semestre 2024 le entrate fiscali crescono del 7,5% rispetto allo stesso periodo del 2023. Misiani (Pd): «Il governo non fa nulla per fermare la crescita del debito. I maggiori introiti del fisco non sono merito della riforma Irpef, ma dei contribuenti fedeli»

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 17 agosto 2024

Il debito pubblico è sempre più vicino alla soglia dei 3000 miliardi di euro. A giugno è cresciuto di altri 30,3 miliardi rispetto a maggio, e ora è a quota 2948,5 miliardi. Il dato è fornito da Bankitalia, nel bollettino «Fabbisogno e debito». A trainare la corsa del debito sono le amministrazioni centrali dello stato, responsabili per intero dell’aumento, mentre quelle locali hanno speso 100 milioni in meno rispetto a maggio.

BANKITALIA segnala un altro dato: a giugno le entrate tributarie sono state pari a 42 miliardi, in aumento del 9,9%(3,8 miliardi) rispetto al corrispondente mese del 2023. In totale, nel primo semestre del 2024 le entrate tributarie sono state pari a 248,8 miliardi, in aumento del 7,5% (17,5 miliardi) rispetto allo stesso periodo del 2023.

Di questi dati, le destre prendono in considerazione solo quelli relativi alle entrate, scatenando una campagna ferragostana di lodi all’operato del governo Meloni, che sarebbe «amico dei contribuenti» e via elogiando le misure messe in campo, a partire dalla riforma Irpef a tre scaglioni in vigore da gennaio 2024: «Evaporano le sterili polemiche della sinistra sui condoni», esulta da Fdi Tommaso Foti.

Tace invece il ministro dell’Economia Giorgetti, consapevole che i dati sull’aumento delle entrate non cambiano la prospettiva di un autunno particolarmente difficile. «Aspettiamo», è l’invito che ha rivolto pochi giorni fa durante l’ultimo consiglio dei ministri ai colleghi che ipotizzavano “tesoretti” da 15-20 miliardi da spendere nella finanziaria. I dati non ci sono ancora tutti, e le stime parziali rischiano di «portare fuori strada», il messaggio del ministro leghista che ha ricordato come si debbano ancora attendere scadenze come la quinta rata della rottamazione (a settembre) e il concordato preventivo a ottobre. «Non è che uno arriva a 100 metri dal traguardo e dice ho vinto».

E del resto la manovra non sarà semplice: lo spazio in deficit è già prenotato interamente dalla correzione per il nuovo Patto di stabilità, mentre servono almeno 20 miliardi per confermare le misure finanziate solo per quest’anno, come il taglio del cuneo e la rimodulazione Irpef. E si escludono interventi sugli extraprofitti delle banche, come quello proposto lo scorso anno e poi sterilizzato dalla stessa Meloni. Insomma, la coperta resta molto corta.

Glielo ricorda anche l’economista ed ex parlamentare Pd Carlo Cottarelli, che definisce i 3000 miliardi «una soglia psicologica importante» e sottolinea come sul debito «tra un decennio l’Italia avrà ancora un passivo intorno al 130% del pil che la rende vulnerabile al rischio di shock e dipendente dall’aiuto esterno». Senza una crescita ai ritmi di Spagna e Portogallo (intorno al 2,5%, doppia rispetto alla nostra) e una «seria spending review» c’è poco da stare allegri. Oggi il debito-pil è intorno al 138% e destinato a salire fino al 140%, spiega Cottarelli, «per l’effetto ritardato del superbonus». Anche con un calo di 1,25 punti l’anno, previsto dalle regole Ue la discesa sarà molto lenta.

MOLTO CRITICO anche il responsabile economia del Pd Antonio Misiani: «La crescita del debito pubblico è inarrestabile e il governo non sta facendo nulla per invertire questa tendenza. In un anno è aumentato di 99 miliardi, mentre tra giugno 2022 e giugno 2023 era cresciuto “solo” di 77». Quanto alle maggiori entrate, Misiani ricorda che l’aumento «è costante dal 2021» ed esclude che siano frutto del lavoro del governo: «Sono le tasse in più pagate da dipendenti e pensionati – per effetto dei rinnovi contrattuali e del fiscal drag non recuperato – che permettono al bilancio dello Stato di stare in piedi».

Non certo la riforma Irpef che «riduce il gettito di 4,3 miliardi nel 2024». Secondo il dem dunque la tenuta dei conti è «sempre più sulle spalle dei contribuenti fedeli, mentre il governo continua a condonare o addirittura a legittimare l’evasione fiscale con strumenti come il concordato preventivo biennale».

Per Angelo Bonelli dei Verdi, «Banca d’Italia sancisce il fallimento economico di questo governo». Riccardo Magi di + Europa rincara: «Quello del debito è un dato devastante: è il macigno che questo governo con la sua inazione sta gettando addosso alle nuove generazioni. Servono liberalizzazioni e tagliare la spesa inutile».

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