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Deauville, installazioni d’artista senza limiti

Deauville, installazioni d’artista senza limitiFrancesco Jodice, «44 Things seen by an alien anthropologist», Planches Contact 2022

Fotografia La rassegna internazionale in Normandia, da tredici anni senza confini

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 dicembre 2022

Il nitrito di un cavallo, l’erba verdissima, il profilo dello storico Hotel Le Normandy e il vento che muove gli aquiloni sulla spiaggia: probabilmente è proprio la lunga striscia di sabbia dorata il posto più iconico di Deauville. Un sogno fugace di orizzonte aperto in cui il cielo grigio-azzurro si tuffa nel mare di Normandia. Ma Deauville è anche un luogo dove si produce cultura, tra cinema (Festival du Cinéma Américain), letteratura (Festival Littéraire), musica (Août Musical), sport equestri (Longines Deauville Classic e altri concorsi ippici) e da 13 anni anche fotografia.
Questa località balneare, costruita a metà del XIX secolo come «luogo di piacere» per l’aristocrazia e l’alta borghesia parigina, è il set naturale di Planches Contact (fino al 1° gennaio 2023), diretto da Laura Serani dal 2019 con il coordinamento di Camille Binelli, responsabile del Dipartimento Fotografico di Les Franciscains. Realizzato dalla municipalità con il supporto del Ministero della Cultura, Regione Normandia e Dipartimento Calvados, la rassegna di Deauville vanta la libertà di porsi come «festival senza limiti» nell’invitare artiste e artisti internazionali (le cui opere vanno a confluire nel patrimonio culturale della collettività) affermati o giovani talenti, a leggere, rileggere e interpretare il territorio attraverso i diversi linguaggi della fotografia. La sfida è ogni anno più stimolante nel forzare l’ovvietà di certi immaginari e suggerirne ulteriori chiavi di lettura.

In linea con quest’idea Francesco Jodice, tra gli artisti in residenza di quest’edizione (insieme a Jean-Christian Bourcart, Stefano De Luigi, Omar Victor Diop, Carolle Bénitah, Jean-Christophe Béchet e Georges Rousse) ha creato an extraterrestrial in Normandy, un film di fantascienza di 12 minuti negoziando il proprio approccio legato all’indagine del paesaggio sociale contemporaneo con la visione fantascientifica di un alieno-antropologo, per innescare il dibattito sull’uso bulimico delle immagini nella nostra contemporaneità. Memoria collettiva e personale sono altri due diversi punti di partenza, certamente per Stefano De Luigi che in Zéro rilegge il paesaggio della Normandia, tanto amato dai pittori impressionisti, «giocando» con luce ed emozione per tornare al «punto zero» della visione impressionista. Sempre in bianco e nero la giovane Dana Cojbuc (selezionata tra gli emergenti e vincitrice del Tremplin Jeunes Talents 2022) in Ouvrir le rivage crea una topografia della Normandia con i propri ricordi della Romania, dove è nata e cresciuta: frammenti che hanno il ritmo di una sequenza cinematografica in cui il disegno e la fotografia creano un’ibridazione che contribuisce a definire lo slittamento tra realtà e sogno.

Dana Cojbuc, «Ouvrir le Rivage», Planches Contact 2022

Carolle Bénitah utilizza, invece, le cartoline postali d’epoca che alludono ad un certo benessere economico della località su cui interviene disegnando delle colorate «curve di felicità», che mettono a confronto l’immagine con i dati statistici reali. Anche gli spazi architettonici che ospitano le mostre entrano, talvolta, nell’inquadratura creando una continuità tra dentro e fuori, come nella mise en scène Odysseia che Omar Victor Diop ha realizzato nella piscina fin de siècle dello stabilimento balneare.

In altre grandi foto esposte a Les Franciscains lo vediamo muoversi con disinvoltura all’interno di antiche e lussuose dimore (sarà il tema del suo prossimo libro dedicato a Deauville, commissionato dalle edizioni Louis Vuitton nella collana Fashion Eye). «Ho pensato di mostrare i personaggi della mia mitologia personale per riflettere il concetto dell’essere viaggiatore.» – spiega Diop – «Sono senegalese cresciuto a Dakar, città che è sempre nel mio cuore, ma per via del mio lavoro trascorro molto tempo lontano da lì. In queste foto mi guardo intorno come alla ricerca del luogo a cui appartengo. Un’apparizione di Dakar a Deauville in cui non c’è melanconia, piuttosto la celebrazione del privilegio del poter viaggiare».

Parte da un altro punto di vista Pérégrinations, l’installazione di Georges Rousse con il suo dichiarato omaggio a Malevich in cui l’artista intercetta luoghi abbandonati (o in transito verso altre destinazioni d’uso) per trovare il punto esatto in cui dipingere una forma geometrica. Allo Yacht Club ha scelto il rosso come base da cui far emergere il poligono giallo, colori che per lui simboleggiano la luce. La fotografia, quindi, come atto finale di una pièce che restituisce all’osservatore (e all’autore stesso) la perfezione di un punto di vista apparentemente assoluto. Il quotidiano è fatto anche di incontri con la gente del posto, direzione che ha preso sin dall’inizio il progetto di reportage Le Petit Souffle di Ciro Battiloro (anche lui selezionato per le Tremplin Jeunes Talents con Cojbuc, Emile GarCon e Lise Guillon, Henri Kisielewski e Bruno Labarbère) che ha portato la sua lunga esperienza nel raccontare il rione Sanità di Napoli tra i pescatori di Honfleur e Deauville, ascoltando affascinato le loro storie. La serie è dedicata alla memoria di tre di loro che hanno perso la vita in mare Thierry, Hakim e Alan.

Mentre Diana Lui (in residenza con la Fondazione photo4food creata da Virginie e Olivier Goy, insieme a Stanislas Augris, Anne-Charlotte Moulard e Anne-Laure Maison con Michel Cam) dà vita alla sua «cartografia delle Giovanna d’Arco contemporanee.» L’artista malese di origine cinese e punjabi propone una riflessione più intima, trovando una corrispondenza nella ricerca delle radici che la accomuna alle donne che incontra: Olympe, Bénédicte, Catherine, Marthe e Lucie, Camille e Eva e anche la scrittrice Marie-Aude Murail. Hanno tutte la spada in mano, simbolo della tenacia con cui affrontano la vita, come l’eroina nazionale Giovanna d’Arco che combatteva per la Francia indossando abiti maschili e anche per questo venne processata e condannata a morte per eresia, nel 1431 a Rouen. Ci sono voluti oltre cinquecento anni per poter conferire alle donne la libertà di essere se stesse come dichiara Bettina Rheims con la sua installazione La Chapelle, realizzata insieme a Marie-Noëlle Perriau (in collaborazione con l’Institut pour la Photographie de Lille) al Point de Vue. «Negli anni ‘90 avevo un contratto per Details, rivista di Condé Nast tra avanguardia, rock’n’roll e moda. Ogni mese andavo a Los Angeles: ero completamente libera di inventare storie. Non c’era il condizionamento della pubblicità o dei brand e le donne che fotografavo per la rivista amavano le mie storie. Oggi non avrei mai potuto fare qualcosa del genere. Gli anni ‘90 sono stati anni all’insegna della libertà, non solo in fotografia. Un momento veramente speciale. Ho fotografato donne che erano già famose e altre che lo sarebbero diventate come Madonna, Angelina Jolie, Monica Bellucci: le loro immagini sono diventate iconiche tanto da essere ripubblicate ovunque. L’idea di quest’installazione era di creare una sorta di cappella in cui desacralizzare le immagini stesse, sovrapponendole e strappandole come nei décollage di Mimmo Rotella, artista che amo molto».

Bettina Rheims è tra gli «artisti invitati» insieme a Raymond Depardon, The Anonymous Project e Jessica Lange, attrice pluripremiata nonché eccellente fotografa (ha iniziato a studiare fotografia nel 1967 alla University of Minnesota): nelle sue inquadrature è evidente l’eredità della visione etica della Farm Security Administration. Ma torniamo sulla spiaggia di Deauville con Le littoral en couleurs, sguardo a colori di Raymond Depardon che notoriamente è «figlio della campagna», soggetto ricorrente delle sue foto in bianco e nero e dei suoi film, che in questa serie si è lasciato ispirare dalla luce mutevole delle località marine che appaiono come avvolte in una gamma cromatica tendenzialmente uniforme e piatta. Al contrario sono saturi e brillanti i colori di Jean-Christian Bourcart nel suo puzzle voyeuristico Blow Up Normandie, raccolto tra maggio e luglio di quest’anno vagabondando per il territorio, che esprimono in maniera coinvolgente l’energia e l’esuberanza della popolazione, sia nel lavoro che nel tempo libero, soprattutto la vitalità prorompente della giovinezza.

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