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De Magistris: Napoli è zona denuclearizzata, stop alle manovre

De Magistris: Napoli è zona denuclearizzata, stop alle manovre

Nato Da domani ’Trident Juncture 2015’ «la più grande esercitazione dalla caduta del Muro». Con una delibera il sindaco rivendica il «diritto di protezione civile» del golfo

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 2 ottobre 2015

La giunta comunale mercoledì ha dichiarato il porto di Napoli «Area denuclearizzata». L’attracco cittadino è spesso attraversato da portaerei militari con armi nucleari a bordo e sottomarini a propulsione nucleare: nel quartiere di Bagnoli nel 1951 si insediò il Comando Forze Alleate per il Sud Europa, cioè la struttura operativa della Nato che agiva nell’area mediterranea. Nel 2004 è stata cambiata la denominazione in Jfc (Comando della forza congiunta alleata) nell’ambito di una generale riorganizzazione della Nato in Europa. Nel 2012 il comando di stanza a Bagnoli si è spostano al Lago Patria, in provincia di Giugliano. Il porto di attracco, e centro delle operazioni navali, è rimasto però quello di Napoli.

«La delibera – ha spiegato ieri il sindaco, Luigi de Magistris – serve a dichiarare che le prove di guerra qui non sono gradite. Sono consapevole che siamo una piccola realtà rispetto ai centri di comando militati internazionali ma non è solo una dichiarazione di intenti: intendiamo tutelare il territorio e i cittadini dal potenziale pericolo che questi armamenti possono costituire. Porteremo la delibera in sede di Autorità portuale, ente che prende decisioni sulle utilizzazioni e autorizzazioni alle navi che entrano nel golfo, e all’attenzione della prefettura perché ho bisogno di informazioni. In qualità di responsabile locale di Protezione civile – ha concluso de Magistris – devo essere messo nelle condizioni di valutare la possibilità di emettere, se necessario, un’ordinanza che impedisca l’attraversamento del golfo».

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La delibera è frutto anche del lavoro fatto dal Comitato regionale pace, disarmo e smilitarizzazione e arriva a pochi giorni dall’inizio (da domani fino al 6 novembre) del Trident Juncture 2015, definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino»: Italia, Spagna e Portogallo le nazioni coinvolte, 36mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5 alleati), testeranno la forza di rapido intervento (40mila effettivi) e soprattutto il suo corpo d’élite (5mila unità) soprannominata «Spearhead» (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere «alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale», cioè ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali. Trident sarà guidata, oltre che dalle sede Nato olandese di Brunssum, dal Jfc Naples del Lago Patria agli ordini dell’ammiraglio Usa Mark Ferguson, a capo delle Forze navali statunitensi in Europa e Africa. Il Jfc di Napoli si alterna con la sede di Brunssum nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo strategico della Campania.

Ai cancelli del Lago Patria sabato mattina si terrà un sit in di protesta promosso da padre Alex Zanotelli, dal comitato napoletano «Pace e disarmo» e dalla Rete Napoli No War. «L’amministrazione Obama sta investendo mille miliardi di dollari in nuovi armamenti – spiegava ieri Zanotelli -, stanno sostituendo le bombe B61 con le nuove B61-12, ognuna equivale a quattro volte l’atomica esplosa a Hiroshima. A lanciarle saranno gli F35 ed è questo il motivo per cui si insiste su questo programma di cacciabombardieri. Duecento B61 sono dislocate in Europa, 70 in Italia. Negli Usa è assolutamente vietato, per motivi di sicurezza, che navi nucleari o armamenti nucleari circolino negli attracchi civili. Allora perché si consente che questo accada qui?». Non essendoci piani di evacuazione, in caso di incidente nucleare non ci sarebbe la possibilità di mettere in salvo la popolazione di Napoli o dell’area del golfo.

Parteciperanno all’esercitazione anche organizzazioni internazionali e governative, varie Ong coinvolte con i governi e industrie militari di 15 paesi. L’Italia è al centro delle strategie in Africa, la nostra spesa militare, secondo il Sipri, nel 2014 è stata di circa 30 miliardi di dollari. «Non possiamo permettere che mentre si strozzano paesi come la Grecia e si spendono centinaia di milioni per impedire l’arrivo dei migranti o per tenerli in lager come i Cie – conclude padre Zanotelli – ogni minuto si spendono nel mondo, con scopi militari, 3,4 milioni di dollari, 204 milioni ogni ora, 4,9 miliardi al giorno con il solo obiettivo di accrescere i profitti e difendere i privilegi delle classi dominanti». A Napoli il 24 ottobre si terrà la manifestazione nazionale (partenza ore 14.30 da piazza del Gesù) indetta dai comitati No Trident. E si organizzano proteste negli altri paesi coinvolti, a partire dalla Spagna.

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